Qualche mese fa ho iniziato a scrivere un nuovo racconto. E' un po' diverso dai miei precedenti, almeno a me sembra così. Per il momento ne pubblico la prima parte, diciamo che è un work in progress... ^_^
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Up:
COMPLETO!
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"A BEAUTIFUL
LIE"
Una volta era tutto così maledettamente perfetto. Così perfetto che le nostre vite sembravano quasi sintetiche. Poi, qualcosa, o qualcuno, le ha stravolte per sempre. Nessun colpevole diretto. O forse un po' tutti. O forse soltanto io...
Mi sono addormentato senza rendermene conto. Ho fatto un sogno. Era una cosa realmente accaduta anni fa. Riviverla è stato piacevole. Forse troppo. Troppo intenso.
C' era Jennifer seduta su una panchina davanti alla biblioteca.
"Jen. Ehi, Jen", l' ho chiamata.
Si è voltata verso di me ed ha sorriso. Mi sono avvicinato e ho visto che stava leggendo il libro che le avevo prestato. Mi ha detto di sedermi. Le guardavo i lunghi capelli ed immaginavo come sarebbe stato poterli accarezzare mentre facevamo l' amore.
"Che ti prende?" mi chiede. Lei è bellissima. La guardo e non le rispondo.
"Che c'è?" insiste a domandarmi.
"Niente. Solo che ti amo."
Lei ride, ma non delle mie parole. Anche lei mi ama, lo so. Mi ama anche se tra noi c'è Holly.
Quando mi sono svegliato ero maledettamente confuso. Ultimamente penso spesso a Jennifer. Non faccio che sfogliare gli album con le nostre foto. Se fosse Keith a struggersi così per la perdita di qualcuno sarebbe normale, ma queste non sono cose da me.
Ho sentito Liz per telefono. Mi ha detto di voler troncare con Matt, ma che non sa come dirglielo. Le ho chiesto il motivo. Lei è rimasta sul vago. "Nella sua vita io vengo al secondo posto..." ha detto.
La sua risposta mi ha sorpreso. Mi ha colto del tutto impreparato. Così ho deciso di parlare con Matt per cercare di scoprire qualcosa di più.
Io e Matt abbiamo fissato davanti alla nostra vecchia scuola media. Non abito molto lontano così sono andato a piedi. Mentre lo aspettavo è passato Dennis. Non lo conosco, se non di nome. Come mi vede mi si pianta davanti.
"Dov' è tuo fratello? Sì, il tuo caro fratellino..." mi chiede. Ha lo sguardo strano, come allucinato. Capisco che è fatto.
"Cosa vuoi che ne sappia" gli rispondo.
Nel frattempo è arrivato Matt. Ci sta fissando dall' auto senza capire.
"Vuoi vedere che invece lo sai..."
"Piantala", dico.
Non ho proprio nessuna voglia di rispondere alle sue provocazioni, così me ne vado. Salgo in macchina con Matt.
"Tutto o.k.?"
Faccio cenno di sì con la testa ma non riesco a non pensare a lui e Keith. E mi chiedo perchè mio fratello non mi abbia mai detto di conoscere quel poco di buono.
Ci dirigiamo in periferia. In un posto tranquillo, lontano dalle abitazioni. Ci beviamo una birra seduti in macchina. Sembriamo due poveri sfigati. Parliamo di Liz, ma io ho la testa altrove.
"Sei distratto. Cosa c'è?"
"Quel tipo..." prendo a dire, "mi sta veramente sul cazzo. Mi ha detto delle cose assurde e voleva sapere dove fosse Keith..."
Matt accende la radio. Stanno passando un vecchio pezzo dei Blue Oyster Cult.
"Non ero neanche nato nel '76", commenta, " però mi piace."
"(Don' t fear) the Reaper..." Lascio che la musica mi calmi.
Matt inizia a rollarsi una canna.
"Ottima idea..." dico sorridendo.
Mi sdraio, buttando giù il sedile, e lui si sdraia accanto a me.
"Ma che voleva da Keith?" chiede Matt.
"Non lo so..."
"Sta con Holly? Mi pare di averli visti insieme."
"Non saprei. Mi sembra il classico tipo che scopa come e quando vuole con chiunque gli capiti... Penso sia gay."
"Hai ragione. Beh, del resto Holly non era lesbica..."
"No, penso sia solo una gran stronza... mentre Dennis, è quasi sicuramente gay..."
"E tu?"
"Io cosa?"
Non mi risponde. Mi guarda. E lo fa in un modo davvero intenso. Credo di capire cosa ci sia dietro quello sguardo, ma non ne sono troppo sicuro.
"Mi piace Jen, un casino" gli dico. "Mi piace da matti. E non ce la faccio. Non ce la faccio..."
"Mi dispiace", fa lui.
"Scusa, sto delirando..."
"Non fa niente."
* * *
"Hai visto tuo fratello?" mi chiede mia madre quando rientro.
Sento che è successo qualcosa. Mio padre farfuglia qualcosa tra sè e sè.
Vado a cercarlo nella casetta sull' albero. Sono quasi certo di trovarcelo.
"Keith, ci sei?"
Se ne stava rannicchiato in un angolo a leggere.
"Mamma ti cerca."
"Non mi frega", risponde senza alzare gli occhi dal libro.
"E' per papà?"
"Secondo te?"
"Magari non ha tutti i torti..."
"Fottiti!"
Mi siedo vicino a lui. "Ascolta..."
"Ma non lo capisci che voglio starmene un po' per i cazzi miei?!"
"Papà non ti odia. Nemmeno la mamma. E quanto a me... non potrei mai."
"Tu non puoi capire. Che cosa ne sai?"
"Be' forse poco o niente, ma..."
"Lasciami in pace, Damon!"
"Quel Dennis non mi piace. Voglio che tu lo sappia. Non mi piace per niente." Mi sono scoperto iperprotettivo nei suoi confronti. Forse è la prima volta che metto così a nudo i miei sentimenti.
"Non ti riguarda con chi esco. E adesso, per favore, vattene."
A quel punto ho deciso di lasciar perdere e l' ho lasciato ai suoi pensieri.
Cap. 2
Dennis sta con Holly. Holly mi detesta. Holly stava con Jennifer... Prima che Jen si mettesse con me. Dennis è ossessionato da mio fratello Keith. E mio fratello Keith è innamorato di Dennis. Matt sta con Liz, ma vorrebbe scopare con me. Io... beh, io amo Jen.
"Keith è scomparso..." biascico al telefono con Matt. Ho fumato un paio di canne e bevuto qualche lattina di birra. Mi sento un po' stordito.
"Che vuol dire scomparso?"
"C' entra Dennis, ne sono sicuro. Aiutami, Matt, ti prego...!"
Ho parcheggiato sul vialetto d' ingresso della casa di Matt. Gli ho fatto uno squillo col cellulare per fargli capire che ero arrivato. Lui è sceso quasi subito. E' salito in macchina e siamo andati da Liz. Durante il tragitto mi ha detto qualcosa che riguardava lui e Ross. Sembrava serio. Non capivo perchè avesse deciso di dirmelo proprio in quel momento. A dire il vero stentavo a crederci. Forse perchè ero ancora un po' stordito per via dell' alcool.
Quando siamo arrivati da Liz c' era anche Holly. Ha detto di aver visto Dennis parlare con Keith fuori da scuola.
"Quel figlio di puttana!"
Holly non capisce, oppure finge di non capire. Le dico che il suo ragazzo ha un 'certo' interesse per mio fratello, ma le non mi crede. Mi dà del pazzo. Me ne importa poco di quello che pensa lei. Io so soltanto che devo fare in fretta perchè Dennis è uno psicopatico.
"Fottiti stronza!" le grido andandomene.
Lei mi richiama indietro. Mi parla di un capanno nel bosco a qualche miglia da qui. Lei e Dennis ci sono andati a scopare qualche volta. Mi spiega dov' è esattamente il posto. Corro là. Mi dimentico Matt e lo pianto a casa di Liz. Non ho tempo di pensare. Non ho un cazzo di minuto da perdere.
Vorrei cancellare gli ultimi tre giorni. Vorrei scordare la faccia di Keith quando mi ha visto entrare in quella baracca abbandonata...
Si abbassa i pantaloni. So che desidera scoparmi. Lo vuole da tanto. Credo di volerlo anch' io, ma l' immagine di Keith imbavagliato nel capanno mi distrae.
"Non è il momento giusto?" mi chiede Matt.
"Son successe tante di quelle cose... Scusa, mi sa che hai ragione, non è il momento più adatto."
Matt si scusa e si riveste. Vedo che è imbarazzato, allora mi scuso a mia volta.
Esco nell' oscurità. Non sono mai stato tanto sicuro di fare una cosa come adesso. Devo risolvere una questione di estrema importanza.
Ho aspettato Dennis sotto casa. Vive in periferia. In una zona abbastanza isolata. L' ho aggredito minacciandolo con un coltello alla gola, poi ho preso a massacrarlo di botte.
E' stato lui a rinchiudere mio fratello in quel capanno. Sono furioso. Ho voglia di ammazzarlo.
"Sei un figlio di puttana!" gli dico scaraventandolo facilmente a terra.
Lui è talmente strafatto che quasi non reagisce ai miei colpi.
Non ho smesso di picchiarlo finchè lui non ha smesso di respirare. Mi sono rialzato e sono sparito nell' oscurità. Nessuno scoprirà mai niente. Ne sono certo.
Mio fratello Keith è l' esatto opposto di me. Non ha neanche mai fatto a pugni. Un tempo lo ritenevo patetico per questo. E poi frignava sempre. Beh, forse qualche volta lo fa ancora.
Ho chiamato Matt sul cellulare. Ci siamo incontrati in un motel ad un paio di miglia da casa nostra.
"Adesso sono pronto" gli dico.
Lui sembra un po' sorpreso, ma non mi fa domande. Sono passate circa tre ore dal nostro incontro di prima. Inizio a spogliarlo mentre lo spingo verso il letto. In quel momento nessuna immagine di Keith. Nessuna immagine di Jennifer. In quel momento solo una gran voglia di dar sfogo alle mie voglie represse.
Ho scopato Matt con foga, in un modo, direi, quasi animalesco.
"Di che sei fatto?" mi chiede Matt alla fine.
Scuoto la testa.
"Non so... L' avevo immaginato diversa..." prende a dire.
"Cosa?"
"La nostra prima volta," risponde sorridendo, in modo triste. E in quel momento mi sento un bastardo.
"Non vorrei aver rovinato la nostra amicizia... " dico, e mi sembra di peggiorare ancora di più la situazione.
Vado nella sua stanza. E' sdraiato a pancia in giù sul letto. La faccia sprofondata nel cuscino.
"Keith..."
"Vaffanculo!"
"Ehi..." dico e faccio per sfiorargli i capelli. Lui si alza in piedi di scatto e fa per sferrarmi un pugno, che prontamente schivo. Mi attacca di nuovo.
"Sei uno stronzo!" mi grida.
Sento una stretta al cuore a vederlo così. Sta piangendo con quella sua faccia da bambino. Forse è proprio per quei suoi lineamenti così infantili che sento sempre di doverlo proteggere. Non rispondo ai suoi pugni. Non cerco neanche più di evitarli. Mi lascio picchiare come un idiota. Poi, dopo aver sfogato la sua rabbia si blocca e prende a guardarmi come si guarda un vero bastardo.
Se il mondo finisse adesso credo che non m' importerebbe. Vedere Keith fissarmi con quello sguardo carico d' odio è come rendermi conto di averlo perso per sempre. Non ce la faccio proprio a farlo ragionare. E' ostinato e non sente ragioni. E' innamorato perso di Dennis... Come è potuto succedere? Perchè proprio di quel figlio di puttana?
"L' hai ucciso... Sei stato tu, lo so!" mi accusa.
Non gli rispondo. Non ci riesco. E lui dal mio silenzio comprende che le cose stanno veramente così. So che non parlerà. Non lo dirà a nessuno.
Le cose a scuola per Keith, dopo la morte di Dennis, sono precipitate. Ignoravo totalmente che quello stronzo bastardo proteggesse il mio fratellino da un gruppetto di teppisti.
"Mi hanno rinchiuso nel cesso una volta e se non fosse intervenuto Dennis non so cosa avrebbero potuto farmi quei bastardi! Ho tentato di ribellarmi, ma inutilmente... sono più forti di me, non ho speranza! Con Dennis mi sentivo al sicuro e tu l' hai...!"
"Come facevo a saperlo?!"
"Oh, cazzo! Tu non sei lì a salvarmi il culo, idiota! Quindi la prossima volta che pensi di proteggermi, pensaci bene prima di fare qualche stronzata! Al diavolo!"
Abbiamo litigato di nuovo. Stavolta era furioso. E' stato il nostro primo grosso litigio. Vorrei sperare fosse anche l' ultimo perchè mi ha fatto stare malissimo per tutto il giorno.
Si dice che la notte porti consiglio. Non ho chiuso occhio. Ho deciso di rischiare. Se per aiutare Keith dovrò pagare il prezzo che lui non mi rivolga più la parola... be', l' accetterò. Ho preso la mia decisione.
Avevo capito chi fossero i bulletti che minacciavano mio fratello e li ho aspettati fuori da scuola. Per iniziare ne ho pedinato uno, quello con la faccia che più mi dava ai nervi. L' ho seguito per circa duecento metri, poi dopo essermi assicurato che non ci fosse nessuno nei paraggi, l' ho assalito alle spalle. Ho iniziato a prenderlo a mazzate con una spranga di ferro. Lui tentava di coprirsi il volto. Continuavo a sferrare colpi sempre più violenti. Sentivo la rabbia che mi esplodeva nel corpo e che si sfogava contro quel figlio di puttana. Mi sentivo bene. Nessun rimorso. Chi avrebbe osato mettere le mani su Keith avrebbe fatto la stessa fine. Quando il giorno dopo a scuola è stato dato l' annuncio del ritrovamento del cadavere il un fossato non molto lontano dall' Istituto, Keith ha capito immediamente. A casa prevedevo una sfuriata, invece niente. Non una parola. A tavola mi ha lanciato un' occhiata che mi è sembrata di approvazione.
Cap. 3
Sono a casa di Matt, seduto sul suo letto.
"Ho scritto un nuovo pezzo!" mi annuncia entusiasta.
"Bene. Sentiamolo allora!" dico.
Lui prende a strimpellare la chitarra. Le parole mi colpiscono. E' chiaramente una canzone d' amore, anche se...
"Cosa voglion dire quelle parole...?" gli chiedo.
"Il protagonista è innamorato di una donna, ma lei non può ricambiare, e alla fine un' amica del ragazzo decide di ucciderla... Scusa, sto messo male, eh?"
"Credo di non riuscire a seguirti... La uccide perchè anche lei era innamorata di lui?"
"Sì, anche l' altra amava il ragazzo..."
"Ma non poteva suicidarsi lei, invece di uccidere la persona che amava! Che razza di storia contorta... ma ti hanno venduto roba poco buona ultimamente?!"
"L' ho scritta da lucido, sarà per questo che è così diversa dagli altri pezzi..."
"Hmm... E poi perchè l' altra non poteva ricambiare il ragazzo?"
Matt rimane in silenzio, qualche istante, poi dice: "Perchè era sua sorella!"
Rimango spiazzato. Il pezzo comunque mi piace. Soprattutto la musica. E' una ballata blues.
"Hai sentito di Holly? Dicono che dopo la morte di Dennis sia impazzita e abbia tentato di tagliarsi le vene già due volte..."
"Stronzate! Figurati... per uno stronzo come quello!"
La mia risposta sorprende Matt. Mi fissa in modo strano. Cerco di capire se stia iniziando a sospettare qualcosa o meno sul mio conto. Sembra perplesso, almeno così credo, poi però mi si avvicina per baciarmi. Io mi allontano un po'.
"Scusa, pensavo..."
"Non sono sicuro di questa cosa, Matt..."
"O.k."
Rientro a casa prima dal lavoro al music store e trovo Keith a studiare in camera mia. Dice che lì c'è più luce. Annuisco con la testa. Per un attimo vedo lui e Dennis abbracciarsi. La cosa mi disgusta e scaccio via quel pensiero.
"Lei non può ricambiare... perchè è sua sorella!"
La spiegazione di Matt mi torna in mente mentre guardo Keith chino sui libri.
"La uccide perchè anche lei era innamorata di lui?"
Sono un po' stanco, così me ne vado in salotto. Mi sdraio sul divano. Senza volerlo mi addormento. In sogno vedo Jen con un vestito bianco insanguinato. Sembra un abito da sposa. E' sdraiata a terra, io vado a soccorrerla. Quando sono da lei mi accorgo che il suo viso è quello di Keith. E' stato in quel momento che ho urlato. Lo spavento era tale che mi sono svegliato di colpo.
"La uccide perchè anche lei era innamorata di lui?"
"Sì, anche l' altra amava il ragazzo..."
"La uccide..."
Tutti mi conoscono da sempre come una persona tutta d' un pezzo senza debolezze nè incertezze, ma sto iniziando a perdermi. Forse il mio smarrimento ha avuto inizio il giorno in cui Jen se n'è andata. O forse prima.
Quando andavo ancora al liceo, un pomeriggio, mio padre aveva iniziato a farmi strani discorsi su Keith. Mi diceva di lasciarlo in pace chè altrimenti avrebbe dovuto prendere dei seri provvedimenti. Io non avevo capito cosa intendesse dire. So che sempre in quel pomeriggio, poco prima di cena, successe qualcosa. E' qualcosa che purtroppo non riesco a ricordare. So che dovrei per riuscire a capire quello che successe da quel momento in avanti.
Liz mi chiama disperata. Dice di raggiungerla a casa sua. Senza troppa voglia prendo la macchina e guido in direzione della villa dei Darling. Appena arrivato la donna di servizio mi fa strada attraverso l' enorme salone. Mi indica fuori, il terrazzo. In quel momento lei si volta verso di me.
La raggiungo. Sorride vedendomi arrivare.
"Matt è sparito", mi dice. Dal tono della sua voce non sembra troppo preoccupata di questo.
"Mi ha lasciato un messaggio in segreteria. Ieri sera, ma l' ho sentito solo questa mattina..."
Liz si è morsa un labbro. Capisco che è nervosa. La polizia le ha fatto un sacco di domande. Lei è stravolta. Penso di abbracciarla, ma non lo faccio.
Holly ci sta osservando dal salotto. La vedo con la coda dell' occhio, ma fingo di non accorgermene.
Liz fissa il vuoto. Nasconde qualcosa, ne sono sicuro.
"Non preoccuparti", dico cercando di rassicurarla.
"Tu e Jen siete i miei migliori amici. Grazie."
Sentirle nominare il nome di Jen mi fa trasalire. Ricordo che è sempre stato così fin dal liceo. Posso pronunciare io quel nome e non provare assolutamente niente, ma quando è qualcun altro a farlo la mia schiena viene sempre attraversata da un brivido.
"A proposito," dice, "ieri sono andata a trovarla. Le manchi ne sono certa."
"Manca anche a me."
Holly continua a guardarci. Non so cosa diavolo significhi. Forse sono io che non riesco a capire. Forse lei ha capito come stanno le cose. Anche se fosse così non ha nessuna prova.
Io e Jen per sempre.
* * *
"Ehi, Damon..." mi chiama una voce fin troppo familiare.
Apro gli occhi e mezzo assonnato mi guardo intorno. Riconosco la cameretta di Keith. Le sue mensole, i suoi libri, i cd, la sua scrivania, la sedia, i poster alle pareti...
"Ma come ci sono finito qui?"
"Da solo... Ho tentato di accompagnarti fino alla tua stanza, ma tu deciso hai spalancato al porta e sei entrato qui."
"Oddio... scusa! E tu dove hai dormito?"
"Nel letto... con te...! Tanto non è mica la prima volta..."
"Che vuoi dire?!"
"Quella volta che papà..." prese a dire, poi s' interruppe. La sua faccia era tutta rossa.
Eccoci. Mi ero davvero smarrito del tutto, adesso.
"Quale volta? Io non...!"
"Lascia stare, non ha importanza..."
"Sì, che ce l'ha!" insisto io.
Ho dei vuoti di memoria, devo ammetterlo. All' inizio era soltanto una sensazione, ma col passare del tempo mi accorgo che c'è qualcosa del mio passato che ho come relegato in un angolo oscuro della mente. E Keith, credo, ne sia a conoscenza.
"Insomma, che diavolo vorrebbe dire quel discorso?!" continuo a domandargli, mentre mi sto alterando.
"Se l' hai rimosso probabilmente era qualcosa che ti infastidiva... "
"Piantala di girarci intorno, Keith!"
Sono le dieci del mattino, di domenica. I nostri genitori sono fuori per il week-end, da alcuni parenti ad Austin.
"Dam... non ce l' ho con te... davvero..."
"Lo devo sapere! Rispondimi, cazzo!"
"Chiedilo a papà," biascica andandosene.
"Keith! Aspetta!" grido mentre salto giù dal letto e lo raggiungo. Lo strattono per un braccio, un po' troppo forte, tanto da trascinarlo a terra. Cadiamo entrambi. Lui su di me. Gli chiedo scusa. Lui non dice niente.
"Ehi, stai bene?"
"E' stata colpa mia... quella volta..." mi dice, finalmente. "Davvero non ricordi niente?"
"No. Te l' ho detto..."
"Perchè mi difendi sempre? Anzi, no, perchè hai ucciso Dennis? Non era solo per difendermi vero? Tu eri... geloso di lui? Di me e lui?"
"Oh, cazzo, Keith! Ma come ti viene in mente?!" dico. E mentro lo dico una parte di me non può che constatare che si tratta della verità. E così che stanno le cose. Un brivido mi gela i pensieri. Vedo dei flashback di me e mio fratello da ragazzini. Le immagini sono confuse.
Keith si rialza da terra. Non mi guarda. Rimane in piedi qualche secondo dandomi le spalle, poi esce dalla stanza.
"Cazzo..."
Mi racconto una bugia, una davvero grossa. Una bellissima bugia. E tutto è un gioco. Solo un gioco.
Non era vero. Per niente. E non è vero neanche adesso.
(fine 1a
parte)
Cap.
4Keith è ancora un ragazzino, ed io, dopotutto, sono suo fratello maggiore. Quando ho saputo di lui e Dennis qualcosa dentro di me si è incrinato. Non ho saputo controllarmi. Le mie emozioni hanno rotto gli argini fino a devastare tutto ciò che c' era intorno. Ho ucciso Dennis. Il fatto del sequestro mi si è presentato come l' occasione perfetta per dare una giustificazione al reato che avrei commesso. Ho sfogato tutta la mia violenza su quel bastardo che si scopava il mio fratellino. Matt l' aveva capito. Lui capiva molte cose di me, da sempre, ero io che non me ne accorgevo.
Nello stereo uno dei cd preferiti di Keith. Gliel' ho regalato io. E' stato tre anni fa. Stavo con Jen tre anni fa. L' abbiamo comprato insieme. Lei aveva avuto una storia di quasi un anno con la sua amica Holly. Era stata una relazione abbastanza complicata la loro. Aveva capito che per loro non c' era futuro. Jen desiderava avere una famiglia, dei bambini, cose che ad Holly non interessavano per niente. In me, Jennifer aveva trovato la persona con cui sentiva di poter condividere tutto il resto della propria vita.
"Che tristezza questo libro... Sembra che ai ricchi tutto sia dovuto... Se la cavano sempre. Ho pianto, sai?"
La rivedo dentro quel pomeriggio di fine estate. Con i suoi lunghi capelli. E rivivo la sensazione che mi dava accarezzarglieli mentre facevamo l' amore.
"Che ti è successo? Stai bene?"
Mi accorgo di essere seduto per terra, sul ciglio della strada. Matt ha un' espressione preoccupatissima sul volto. Mi tende una mano. L' afferro. Lui fa forza per tirarmi sù, ma la mia presa si allenta e ricado all' indietro. Tutto svanisce intorno a me. Vedo Jennifer e Keith venirmi incontro.
E' una bugia. Una bellissima bugia...
* * *
Holly mi ha accusato, davanti a Liz, di avergli prima portato via Jennifer e poi Dennis. Sa che l' ho ucciso. Lo crede. Le do' della pazza furiosa. Non mi spaventa neanche un po'. Mi aggredisce. Lotto con lei sotto gli occhi terrorizzati di Liz che invano ci grida di smettere.
"Sei un mostro!" mi urla Holly.
Nego di aver fatto qualcosa a Dennis. Cerco di difendermi come posso. Mi difendo dalle parole e dai pugni. Vorrei evitare di colpirla, anche se i suoi colpi due su tre vanno a segno. E' una ragazza piuttosto mascolina e ben piazzata.
"Hai ucciso Dennis! Lo so che sei stato tu!"
Liz mi guarda sconvolta. Guarda prima me, poi Holly.
Matt è scomparso da due giorni. Keith sembra sempre in procinto di chiedermi spiegazioni. Io non riesco a fare altro che fissarlo senza parlare.
Sono andato da un tipo che fa psicanalisi, e che si occupa anche di regressione ipnotica. Volevo ricostruire la parte mancante della mia vita. Le cose che mi ha detto Keith mi sembrano inverosimili. Sarei un maniaco? Mi sento sporco, comunque. Devo sapere la verità. Non riesco ad andare avanti così.
Matt è scomparso da tre giorni. Keith ed io non ci parliamo da altrettanti.
"Caffè?" mi domanda, ma senza guardarmi negli occhi.
Rotto il silenzio decido di farmi coraggio e chiedergli di andare da un tipo.
"Uno psicanalista?!" si sorprende. "Che significa?"
"Per l' ultima volta, Keith... Cos' è successo quella volta tra noi?"
Nessuna risposta.
"Ti prego, Keith..."
"Papà ha detto che..."
"No. Non voglio sapere cos' ha detto papà. Io devo sapere cosa ricordi tu."
"Non lo so..."
"Keith, è importante per me... Ricordi cos'è successo davvero o soltanto quello che ti disse papà?!"
"..."
Sono davvero geloso di lui? Non riesco a concepirlo. Certo immaginarmelo che fa sesso, o anche solo che si bacia, con qualcuno mi provoca una strana nausea.
"Keith, io me ne vado a dormire" dico andandomene dalla cucina.
I miei pensieri sono confusi. Cerco di leggere un romanzo per distrarmi, ma non riesco a mantenere la concentrazione. Sbuffo. Getto il libro contro la parete. Colpisce il poster dei Metallica e cade a terra. Accendo la tv. Parlano di Matt e dei due omicidi avvenuti nei giorni scorsi nella nostra cittadina.
Qualcuno bussa alla porta della mia stanza e contemporaneamente qualcuno mi chiama al cellulare.
"Avanti!" dico, e un attimo dopo rispondo al telefono.
Keith compare sulla porta e nello steso istante la voce di Liz mi saluta. Mio fratello rimane ad ascoltare tutta la conversazione tra me e la ragazza di Matt. Capisco dal suo sguardo che mi ritiene colpevole della sparizione del ragazzo. Quando riattacco con Liz, spiego a mio fratello che io non c' entro niente.
"Matt è un mio amico!"
Lui scuote la testa. Non mi crede.
"Ha scritto una canzone qualche giorno fa. Credo parlasse di noi... di noi tre!"
Keith è rimasto perplesso dopo che gli ho descritto il pezzo di Matt. Adesso potrebbe pensare che l' ho ucciso, ma io continuo a negare.
"Ho creduto volesse farti del male, questo è vero... Ma lo conosco da troppo tempo, e non ce lo vedo proprio a..."
"Mi vede come un ostacolo tra voi?"
"Sì, ma è folle. Keith... non sono innamorato di te, dannazione!"
"Se mi facesse del male... Se mi sequestrasse come ha fatto Dennis... Se mi minacciasse... Tu che faresti? Dimmi la verità."
Cosa dovevo rispondere? Lui avrebbe voluto che dicessi che non avrei fatto niente o che per proteggerlo avrei anche potuto farlo fuori?
"E allora?"
"Non lo so. Comunque non credo che arriverebbe a rapirti o farti del male... No, non Matt."
"Davvero tu non sai dove si trova?"
"Certo che no! Se lo sapessi andrei ad aiutarlo!"
"Scusa, Dam, è che a volte... mi fai paura..."
No, cazzo, no. Se perde fiducia in me è la fine.
"E se fosse stata Holly? Se volesse vendicarsi? Lei sospetta di te per l' omicidio di Dennis!"
"Non lo so. Scusa, sono stanco..."
"O.k. Ti lascio dormire. Buonanotte."
" 'Notte Keith."
Cap. 5
Matt è scomparso da quattro giorni. Ma che diavolo sta facendo la polizia? Mi sento così impotente. Sono andato al capanno nel bosco. Lo stesso capanno dove Dennis aveva rinchiuso mio fratello. Niente. Niente di niente.
Keith si è sottoposto a quella seduta di regressione ipnotica come gli avevo chiesto. E' andato là una prima volta, ma senza risultati.
"Mi dispiace, non sono riuscito a scoprire niente", mi ha detto rientrando.
Sono seduto sul divano, davanti alla tv. In realtà penso a tutto tranne che a quello che scorre sullo schermo.
"Damon... stai dormendo?" mi chiede. Si siede accanto a me. Cambia canale. Mette la partita. Mi guarda di sfuggita.
"Non importa" gli dico.
Mi passa una birra. Le nostre mani si sfiorano.
"Ci tornerò, tranquillo" mi rassicura.
"No. Non devi, lascia stare. Non sei obbligato."
"Nessun obbligo. Voglio sapere anch' io cosa..." risponde agitando le braccia. E così facendo urta la mia lattina di birra appoggiata sul tavolo. Il contenuto si riversa sul pavimento.
"Cazzo!" sbotta Keith.
"Fermo. Pulisco io."
"Damon... cos' è successo a Matt?"
"Cosa?"
Mi accorgo che le sue mani stanno tremando.
"Ehi... Non ho fatto niente a Matt. Te l' ho già detto..."
"Davvero?"
"Sì, cazzo! E' stata quella pazza di Holly, ne sono quasi certo. Sono andato al capanno abbandonato ieri... Speravo di trovarlo là!"
"Dam, scusa, non volevo accusarti..."
"Se mi credi, smettila di tremare!" dico. Poi, non so cosa mi prenda, lo stringo tra le mie braccia. Non voglio che inizi a perdere fiducia in me. Ho paura, davvero paura, di questo.
"Qualsiasi cosa sia successa quel giorno, " mi dice "non cambierà niente."
"Sì, invece. Cambierà le cose. E' importante. Ne parleremo dopo che anche tu avrai ricordato. Solo così potrò esser sicuro che ciò che ho visto sotto ipnosi corrisponde alla realtà."
"Va bene."
Il suo sguardo per un attimo mi ha fatto provare una strana emozione.
"Perchè hai ucciso Dennis?"
"Damon..."
L' abbraccio ancora più forte. Non ricordo di averlo mai abbracciato in tutta la mia vita. Non è uma cosa che si fa tra fratelli, almeno credo.
"Ehi... va tutto bene?"
"Sì, scusa..." rispondo imbarazzato mentre lo libero dalla mia presa.
"Ci tornerò perchè lo voglio, non lo faccio per te."
"O.k."
E' trascorsa una settimana dalla sparizione di Matt. Non so più dove cercarlo. Ho trascorso l' ultima notte fuori casa, sotto il temporale. Keith si è sottoposto di nuovo ad una seduta di regressione ipnotica. All' inizio mi ha mentito dicendo di non aver ricordato niente, ma lo conosco troppo bene per non accorgermi di quando sta mentendo. Tra una birra e l' altra sono riuscito a fargli confessare la verità. Era totalmente ubriaco. E' scoppiato a piangere come un bambino.
"Avrei preferito... fossi stato tu..." ha singhiozzato gettandosi tra le mie braccia.
Le sue parole mi hanno spinto ad affrontare mio padre. Avevo bisogno di una spiegazione.
"Mi dispiace..."
Keith non smetteva di frignare. Non sapevo bene come comportarmi.
"Andiamocene da qui, ti prego..." mi ha supplicato.
L' ho accompagnato in camera sua. Si è steso sul letto. Mi ha chiesto di stargli vicino.
"Per anni ho creduto che tu... Dio, che schifo...! Come ha potuto...?!"
"Keith..."
"Scusami per aver pensato che tu..."
"Lascia perdere. In questi ultimi giorni mi sono reso conto che quello che provo per te è molto simile all' amore... e non intendo quello fraterno..."
"Rimani con me stanotte? Non voglio restare da solo..."
Dovevo andarmene. Quello sarebbe stato il momento di uscire da quella stanza, invece non l' ho fatto. Sono rimasto. Ho passato la notte con lui. Non ho chiuso occhio. L' ho fissato per tutto il tempo. La mattina dopo sono sceso al piano di sotto per fare colazione. Mio padre stava leggendo il giornale seduto davanti ad una tazza di caffè fumante. Mi ero ripromesso di mantenere la calma, ma non ne sono stato capace. D' impulso ho colpito la tazza facendogliela finire addosso. Lui ha gridato per il dolore.
"Ma che diavolo fai?!"
Mia madre era giunta appena in tempo per assistere alla scena. Ha lanciato un urlo di terrore.
"Se Keith ti odia c'è un motivo!"
"Sei impazzito?!"
"No..." dico strappandogli di mano il giornale.
Mia madre si mette a gridare. Le sue urla svegliano Keith. Sento i suoi passi che scendono le scale.
"Di' a mamma quello che hai fatto a Keith!"
"Mioddio, tu sei pazzo!"
Mi volto verso Keith che se ne sta impalato sulla porta.
Prendo un coltello da cucina e lo agito verso mio padre. Lui tenta di farmi ragionare, ma la mia rabbia è troppa.
"Dille la verità!" insisto.
"Per favore... mettilo giù, Damon..." dice mia madre, " e dimmi cosa sta succedendo."
"Avanti papà, dille cos' hai fatto a Keith quando eravamo piccoli!"
Mia madre sembra davvero non capire.
"Ma di cosa parli?! Sei impazzito Damon...?!"
Mio padre, invece, recita piuttosto male la sua parte.
Cap. 6
Sono scappato di casa con mio fratello dopo aver litigato violentente con mio padre sotto gli occhi terrorizzati di mia madre. Mio padre ha tentato di togliermi dalle mani il coltello con cui lo minacciavo. E’ riuscito a colpirmi con un pugno, mi è caduto di mano e lui se n’è appropriato. Nella lotta per riprendermelo mi ha ferito ad una gamba, ma niente di serio. Ad un certo punto si è intromesso anche Keith, ed io per proteggerlo l’ ho afferrato per un braccio e sono corso fuori. Mentre entravo in macchina sentivo le urla disperate di mia madre che mi richiamava indietro. Ho portato via Keith, pensavo solo a lui. Ho guidato ininterrottamente per più di dieci ore.
“Mi dispiace... So quanto tu fossi affezionato a papà. Forse non sarei mai dovuto andare là. Forse era meglio credere che fossi stato tu, sarebbe stato meglio per entrambi...” piagnucolò Keith.
“Smettila, Keith...!”
“Sei sempre così impulsivo. Cosa faremo adesso...? Dove...?”
“Io là non ci torno. Non ti riporterò da quel bastardo...”
“Damon... è nostro padre...!”
“Pensiamoci domani, ho bisogno di dormire. Scusa, sono esausto.”
Ci fermiamo in un motel lungo la statale.
Benchè ci siano due letti singoli, Keith si sdraia vicino a me.
“Come va la gamba?”
“Non è niente. Altrimenti non avrei potuto guidare, no?”
"E' così... faticoso... stare con te" sostiene scostandomi piano i capelli dalla fronte.
Socchiudo gli occhi.
"Damon, scotti... hai la febbre...!”
"Sta' zitto..."
"Ma perchè non mi hai detto niente?!”
"Ho detto... 'sta zitto!"gli ripeto. Prendo la sua mano. Me la porto alle labbra ed inizio a leccargli le dita.
"Dam... ma che cavolo fai...?!”
"Nessuno ce lo impedisce."
"Ma che intenzioni hai...?!"
"Proteggerti, per sempre..." rispondo. Mi sento un po’ stupido, ma non ha molta importanza.
"Smettila di preoccuparti per me. Guarda come sei ridotto."
"Parli della mia faccia? E’ solo un livido... Keith, sto bene. Sono altre le ferite che mi bruciano."
"Mi dispiace per Matt."
"Tu non c' entri.”
"Avvicinati..." dico. Continuo a leccargli le dita. Sanno di buono. Sanno di ciò che da sempre amo.
"Keith, ricordi quando da piccoli abbiamo fatto quel patto?"
"Eravamo bambini."
"Te lo ricordi, non è così?"
Keith annuisce.
"Non permetterò a nessuno a farti del male. E nessuno mi porterà via il mio fratellino..."
"Patetico. Sei patetico e ossessivo. A volte mi spaventi da morire. Tu non vuoi davvero il mio bene. Il tuo è solo egoismo."
"Non parlarmi così, anche se..." mi soffermo a riflettere su ciò che mi ha appena detto, "credo tu abbia ragione" ammetto infine.
Keith non si sorprende della mia risposta. Si avvicina al mio viso per baciarmi sulla bocca, ma le sue labbra incontrano la mia guancia fredda.
"Perchè ti sei spostato? L' hai fatto di proposito? Credevo che..."
"Sono patetico, ossessivo, egoista... ed anche un grandissimo stronzo! Tu mi vuoi, proprio quanto ti voglio io... Sei un ipocrita!"
"Ah, fottiti!" sbotta lui alzandosi in piedi.
"Fottiti? Tutto qui?!" lo canzono io.
"Stronzo!”
Non dico niente, sorrido tra me e me. L' osservo andare verso la finestra, mentre dentro di me la voglia di quel bacio, che prontamente ho evitato, cresce sempre di più.
“Vuoi davvero tornare a casa?” gli domando.
“No, credo... di no...” risponde, poi torna da me.
Si siede sul letto. Non dice niente. Non ce la faccio più. Sono al limite.
"Vattene via. Devi andartene via." gli dico, mentre vorrei stringerlo forte a me. Accarezzare il suo corpo perfetto.
Keith si abbassa su di me, provando a baciarmi per la seconda volta. Lo lascio fare. Appena le sue labbra toccano le mie, gliele mordo. Sentire il sapore un po' amarognolo del suo sangue mi fa perdere completamente il controllo. Lo desidero.
"Questo è il nostro secondo patto. Non siamo più dei bambini. Questo è un patto da adulti, decisamente più importante. Significa che tu sei mio, per sempre."
"E se io non fossi d' accordo?"
"Sei libero di scegliere, ovviamente."
"Dam, io... ho paura, davvero."
"Ce ne andremo da qui. Andremo dove vorrai tu. In qualsiasi posto."
"Forse stai delirando per la febbre..."
"No, no. Sto parlando seriamente."
"Ma come faremo?"
“Non lo so.”
Gli occhi innocenti di Keith mi fissano tristi.
“Non guardarmi in quel modo... Ti voglio bene, Keith.”
Il risveglio è stato piuttosto traumatico. Non tanto per aver fatto sesso con Keith, ma per il ricordo delle immagini che non riuscivo a scacciare dalla mia testa mentre lo stavo facendo. La febbre deve essermi scesa, e da lucido non riesco a non provare un senso di nausea. Vedere Keith completamente nudo al mio fianco e prendere coscienza di aver immaginato di essere mio padre mentre facevo l’ amore con lui...
“Damon... che stai facendo?”
Cerco di comportarmi nel modo più naturale possibile. “Niente. Dai, vestiti. Dobbiamo andare.”
Keith è sotto la doccia mentre mi arriva una chiamata di Liz sul cellulare. Decido di non rispondere e neanche un minuto dopo mi arriva un messaggio.
“Hanno trovato Matt!”
Che diavolo significa? Come lo hanno trovato? Significa che è ancora vivo, oppure...?
Spalanco la porta del bagno. Keith mi guarda esterrefatto.
“Ho ucciso Matt...” confesso, e non so bene perchè lo faccio. So di non averlo ucciso io. “Cosa...?!” esclama mio fratello.
“E’ morto... come Jennifer... come Dennis...”
“Ma che vuoi dire? Mi stai nascondendo qualcosa?” mi domanda Keith. La sua voce trema un po’.
Pago il conto della stanza e ripartiamo. Riprendiamo la nostra fuga. Keith ha insistito per guidare, ritenendo che io non fossi nelle condizioni giuste.
“Perchè proprio Phoenix?” gli domando.
“Jennifer aveva una sorella in Arizona, ricordi?”
Scuoto la testa, senza capire. “E vorresti andare da lei?”
Annuisce.
“O.k. decidi tu.”
Non siamo mai arrivati a Phoenix.
(continua...)
Cap. 7
Mio padre era il mio punto di riferimento. Scoprire che aveva molestato mio fratello quando eravamo piccoli ha sconvolto tutto il mio equilibrio.
Ci fermiamo a fare rifornimento alla
prima pompa di benzina che troviamo. La stazione ha anche una piccola tavola
calda, così decidiamo di mangiare qualcosa. Ordiniamo hamburger con patatine e
due birre medie. Non accenniamo minimamente a quanto successo questa notte.
“Quanti soldi ci sono rimasti?” mi domanda Keith.
“Non molti. E non posso usare la carta di credito, ci rintraccerebbero subito...”
“Pensi che abbiano denunciato la nostra scomparsa?”
“Non lo so. Resta qui, torno subito.”
Mentre mi assento per andare al bagno, un tipo sulla trentina si avvicina a Keith.
“Ehi, stai con quello? Non vi somigliate un po’ troppo per stare insieme?”
Keith che non è stupido afferrà subito il senso di quelle parole.
“Infatti non stiamo insieme” spiega. “Lui è mio fratello!”
“Scusa, avevo frainteso...” risponde il tipo in tono ironico. “Ti va di...”
“50” risponde secco Keith.
Lì per lì il tipo rimane perplesso, poi sorride annuendo.
“50 dollari” precisa.
“Ma sì, scusa. Certo, sei un tipo dannatamente carino... Sei tu che mandi avanti gli affari di famiglia, eh?”
“Mio fratello si è sempre preoccupato per me, diciamo che gli restituisco il favore.”
“Ho un camper nel parcheggio sul retro.”
Keith si guarda intorno, poi segue il giovane fuori dal locale. Una volta sul camper l’ uomo lo spinge violentemente sul letto a faccia in giù.
“Così ti prostituisci, eh?! Sai che potrei arrestarti?” gli dice l’ uomo. Dal tono della sua voce Keith capisce che sta scherzando, anche se si tratta veramente di un poliziotto. Quando si toglie la grossa cintura di pelle nera e la fondina, Keith si rende conto di aver commesso un errore.
“Che ne dici... ti va di essere ammanettato?” scherza il giovane.
Keith tenta di liberarsi dalla stretta del poliziotto che gli impedisce di muovere le braccia. Si mette a cavalcioni su di lui.
“Non mi fai respirare...” si lamenta Keith.
L’ uomo si solleva dal corpo di mio fratello. Keith finalmente riesce a voltarsi.
“Scusa, pensavo che ti andasse di giocare...”
“Preferisco non perdere tempo” dice alzandosi. Finge di iniziare a spogliarsi mentre furtivamente getta uno sguardo alla fondina lasciata cadere ai piedi del letto. E con un gesto rapidissimo s’ impossessa della pistola al suo interno. Gliela punta contro.
“Ehi, calma, ragazzino. Non fare scherzi... guarda che ti pago...!”
“Non vuoi più giocare, schifoso pervertito?!”
“Mettila giù...”
“Quanti soldi ci sono rimasti?” mi domanda Keith.
“Non molti. E non posso usare la carta di credito, ci rintraccerebbero subito...”
“Pensi che abbiano denunciato la nostra scomparsa?”
“Non lo so. Resta qui, torno subito.”
Mentre mi assento per andare al bagno, un tipo sulla trentina si avvicina a Keith.
“Ehi, stai con quello? Non vi somigliate un po’ troppo per stare insieme?”
Keith che non è stupido afferrà subito il senso di quelle parole.
“Infatti non stiamo insieme” spiega. “Lui è mio fratello!”
“Scusa, avevo frainteso...” risponde il tipo in tono ironico. “Ti va di...”
“50” risponde secco Keith.
Lì per lì il tipo rimane perplesso, poi sorride annuendo.
“50 dollari” precisa.
“Ma sì, scusa. Certo, sei un tipo dannatamente carino... Sei tu che mandi avanti gli affari di famiglia, eh?”
“Mio fratello si è sempre preoccupato per me, diciamo che gli restituisco il favore.”
“Ho un camper nel parcheggio sul retro.”
Keith si guarda intorno, poi segue il giovane fuori dal locale. Una volta sul camper l’ uomo lo spinge violentemente sul letto a faccia in giù.
“Così ti prostituisci, eh?! Sai che potrei arrestarti?” gli dice l’ uomo. Dal tono della sua voce Keith capisce che sta scherzando, anche se si tratta veramente di un poliziotto. Quando si toglie la grossa cintura di pelle nera e la fondina, Keith si rende conto di aver commesso un errore.
“Che ne dici... ti va di essere ammanettato?” scherza il giovane.
Keith tenta di liberarsi dalla stretta del poliziotto che gli impedisce di muovere le braccia. Si mette a cavalcioni su di lui.
“Non mi fai respirare...” si lamenta Keith.
L’ uomo si solleva dal corpo di mio fratello. Keith finalmente riesce a voltarsi.
“Scusa, pensavo che ti andasse di giocare...”
“Preferisco non perdere tempo” dice alzandosi. Finge di iniziare a spogliarsi mentre furtivamente getta uno sguardo alla fondina lasciata cadere ai piedi del letto. E con un gesto rapidissimo s’ impossessa della pistola al suo interno. Gliela punta contro.
“Ehi, calma, ragazzino. Non fare scherzi... guarda che ti pago...!”
“Non vuoi più giocare, schifoso pervertito?!”
“Mettila giù...”
Eccolo lì mio fratello. Con quella sua faccia da bravo bambino. I vestiti puliti. I capelli sempre in ordine. Eccolo lì, davanti a me. Dannatamente perfetto. Mi fissa mentre le gambe gli tremano un po’. Stringe una pistola tra le mani. Incredulo mi avvicino al corpo dell’ uomo che giace a terra, riverso in una pozza di sangue. Passano solo pochi secondi, ma sono così pesanti da sembrare ore. Per l’ ennesima volta lo trascino via per un braccio. Nel frattempo gli avventori del bar, che hanno sentito lo sparo, sono usciti dal locale.
Saltiamo in macchina, tra le grida della gente, e scompariamo lungo la statale.
“Ma che diavolo ti è preso?!” gli chiedo.
“Abbiamo un po’ di soldi adesso...” risponde lui.
“Cazzo, hai ucciso un uomo!”
“So cavarmela da solo, visto?” mi risponde. Il tono della sua voce è completamente piatto. “Non devi più preoccuparti per me” continua a dire con lo sguardo perso nel vuoto. “Sono in grado di difendermi da solo.”
“Avresti...” tento di domandargli, “avresti fatto sesso a pagamento...?!”
“No, volevo solo derubarlo... Come facevo a sapere che si trattava di un poliziotto in borghese?!”
“Dio! Keith, ma perchè?! Che ti è successo?! E’ colpa mia...?!”
Sento la testa scoppiarmi. Il telefono prende a suonare. Ancora Liz. Nonostante ci trovassimo in quella situazione questa volta le rispondo.
“Damon! Finalmente!” esclama lei.
“Liz...”
“Come stai? Keith è con te?” mi chiede. La sento preoccupata.
“Che succede Liz?”
“Hanno... arrestato tuo padre...”
“Cosa?!”
“Ha confessato gli omicidi di Dennis e dell’ altro ragazzo...”
“Mio padre... ha ucciso Dennis...?!” mi sorprendo.
“E... di Matt...!” continua a dirmi con un filo di voce.
“...”
“Damon, ehi... Dam... ci sei?”
Mi manca l’ aria, mi manca la terra sotto i piedi, mi manca un briciolo di realtà a cui aggrapparmi. Tutto è sfocato intorno a me. Matt è morto. Liz ha detto proprio così. Mio padre avrebbe ucciso Matt...?!
“Liz, mi dispiace... ” farfuglio.
Incrocio lo sguardo incredulo, quasi allucinato, di mio fratello.
“Scusa, Liz, devo lasciarti. Grazie per avermi chiamato...”
“Ma dove sei?”
Solo in quel momento mi sono reso conto che il mio cellulare poteva essere rintracciato.
Cap. 8
Ho portato mio fratello alla pazzia. L’ ho fatto macchiare di un omicidio. Ha ucciso un poliziotto. Mi ritengo responsabile. Tutto mi è sfuggito di mano. Ho ucciso Dennis, poi un compagno di scuola di Keith, e forse anche il mio amico Matt. Non lo so bene. Mio padre ha confessato tutti e tre gli omicidi. Non so perchè l’ abbia fatto. Forse per cercare una sorta di redenzione da quanto ha fatto in passato a me e Keith?
Hai ucciso Dennis!
“Vuoi che guidi un po’ io?” chiede mio
fratello.
“No,” rispondo.
“Io non ti capisco. Volevo solo... essere forte come te...”
“Uccidere non ti farà sentire più forte. Adesso, sei sconvolto... Ne riparliamo più tardi, ok?”
“Io sto benissimo” risponde lui soppesando le parole.
“No che non stai bene!” replico io.
“Tu come ti sei sentito dopo aver ucciso Dennis?” mi chiede.
Devo mentirgli. Come potrei dirgli che stavo benissimo, che mi sentivo sollevato per averlo fatto?
“Damon... io mi sento bene...” risponde. Accende l’ autoradio e cerca di trovare una qualche stazione, ma siamo nella terra di nessuno e non si riceve niente.
“Non vuoi più tornare a casa? Ieri...”
“No, non più. Andiamo a Phoenix. Oppure fino in California.”
“Ci troveranno. Non arriveremo neanche a Phoenix...”
“Ehi, ferma la macchina un momento...”
Faccio come mi dice. Mi consegna la pistola.
“Non voglio che ci prendano...” mi dice. Ha gli occhi velati di lacrime.
“Vuoi che spari quando ci beccheranno?” gli chiedo, facendo finta di non capire. In realtà so benissimo a cosa sta pensando. E vorrei puntarmela alla tempia quella pistola.
Col pensiero, ossessivo, di dover ad ogni costo proteggere Keith sono fuggito con lui. Mi sono reso conto di amarlo sul serio. E alla fine ho ceduto ai miei bassi istinti. Non ho potuto non immaginarmi nei panni di mio padre mentre facevo sesso con Keith. E’ stato più forte di me. Una fantasia erotica che non sono riuscito a frenare. Adesso provo solo vergogna e squallore. Adesso.
“Scusa...” gli dico.
I suoi occhi verdi sembrano non capire.
Prendo la pistola e la metto in una delle tasche interne del mio giubbotto.
Rimetto in moto la macchina e riprendo a guidare verso Phoenix. Rimaniamo in silenzio per diverse ore. Ogni tanto lancio delle occhiate nella sua direzione, ma lui sembra non abbia intenzione di distogliere lo sguardo dal finestrino.
“No,” rispondo.
“Io non ti capisco. Volevo solo... essere forte come te...”
“Uccidere non ti farà sentire più forte. Adesso, sei sconvolto... Ne riparliamo più tardi, ok?”
“Io sto benissimo” risponde lui soppesando le parole.
“No che non stai bene!” replico io.
“Tu come ti sei sentito dopo aver ucciso Dennis?” mi chiede.
Devo mentirgli. Come potrei dirgli che stavo benissimo, che mi sentivo sollevato per averlo fatto?
“Damon... io mi sento bene...” risponde. Accende l’ autoradio e cerca di trovare una qualche stazione, ma siamo nella terra di nessuno e non si riceve niente.
“Non vuoi più tornare a casa? Ieri...”
“No, non più. Andiamo a Phoenix. Oppure fino in California.”
“Ci troveranno. Non arriveremo neanche a Phoenix...”
“Ehi, ferma la macchina un momento...”
Faccio come mi dice. Mi consegna la pistola.
“Non voglio che ci prendano...” mi dice. Ha gli occhi velati di lacrime.
“Vuoi che spari quando ci beccheranno?” gli chiedo, facendo finta di non capire. In realtà so benissimo a cosa sta pensando. E vorrei puntarmela alla tempia quella pistola.
Col pensiero, ossessivo, di dover ad ogni costo proteggere Keith sono fuggito con lui. Mi sono reso conto di amarlo sul serio. E alla fine ho ceduto ai miei bassi istinti. Non ho potuto non immaginarmi nei panni di mio padre mentre facevo sesso con Keith. E’ stato più forte di me. Una fantasia erotica che non sono riuscito a frenare. Adesso provo solo vergogna e squallore. Adesso.
“Scusa...” gli dico.
I suoi occhi verdi sembrano non capire.
Prendo la pistola e la metto in una delle tasche interne del mio giubbotto.
Rimetto in moto la macchina e riprendo a guidare verso Phoenix. Rimaniamo in silenzio per diverse ore. Ogni tanto lancio delle occhiate nella sua direzione, ma lui sembra non abbia intenzione di distogliere lo sguardo dal finestrino.
Quando portai a casa Jennifer per la prima volta, mio fratello socializzò subito con lei. Era una cosa davvero insolita per un tipo come lui. Avevo avuto altre ragazze in passato e mai nessuna era rientrata nelle simpatie di mio fratello. Jen, invece, catturò la sua attenzione. Diventarono amici. Anche se lui, dopo il suo funerale, non me ne ha mai parlato, sono certo che deve mancargli molto.
“Ehi...” lo chiamo. “Senti, perchè vuoi andare dalla sorella di Jennifer?”
“Non c’è un motivo preciso. Non mi è venuto in mente nessun altro posto dove...”
“L’ hai mai vista?”
“Eravamo in contatto via e-mail. Era stata Jen a darmi il suo indirizzo.”
“Questa poi! E perchè non me ne hai mai parlato?”
“Scusa ‘papà’...” risponde sarcastico lui, “se non ti dico anche quante volte vado al cesso!”
“D’ accordo. E’ ovvio che tu abbia la tua privacy... Solo che... be’, dopotutto era la sorella della mia ragazza, potevi almeno accennarmi la cosa.”
“Oh, Dam... Erano solo delle stupide mail!”
“E l’ hai sentita anche dopo...?”
“Dopo...?” chiede, ma capisce a cosa mi riferisco. “Ah, sì, be’... un paio di volte...”
La mia mente si è soffermata su qualcosa detto da mio fratello che non mi è andato giù. Volevo evitarlo, ma voglio chiarire con lui.
“Keith, anche scherzando... Non chiamarmi più nel modo in cui hai fatto prima...”
“Intendi... ‘papà’...?”
Annuisco. “Sì, per favore...”
“Stai bene, Damon?” mi domanda.
Annuisco, mentendo. In realtà non mi sento affatto bene. Sono costretto ad accostare la macchina. Lo specchietto retrovisore mostra la mia faccia bianca come uno straccio.
“Ti senti male?”
Faccio appena in tempo ad aprire lo sportello dell’ auto. Preferivo le volte in cui vomitavo per una sbornia piuttosto che per
“Tieni, ho dell’ acqua.”
“Grazie, Keith.”
“Senti, anche se non dovessimo arrivare a Phoenix... andrà ugualmente bene” mi dice sorridendo.
“Ti saprai accontentare, eh?” gli rispondo scherzando. “Vedrai che ci arriviamo... ci arriviamo...!”
“Piantala. Non sono stupido. Non ho bisogno di rassicurazioni del cavolo. Non ho 12 anni!”
“Che diavolo stai facendo? Ha solo 12 anni, Cristo Santo!”
Mi tornano in mente le parole di mio padre quella volta che ci sorprese a fumare uno spinello in bagno. Era stato Matt a darmi l’ erba, alla fine dovetti glielo dovetti confessare. Mio padre, che non aveva mai avuto troppa simpatia per quel ragazzo, cominciò a considerarlo un poco di buono. Mi proibì di frequentarlo fuori dalla scuola.
“Ha ucciso Matt...”
“Dam? Ti senti di nuovo male?” mi chiede Keith.
Scuoto la testa. “Tu pensi che papà abbia davvero ucciso Matt? Voglio dire... papà che uccide qualcuno?!”
“Ascolta, lo so che tu gli vuoi bene ma... lui ha... mi ha... Insomma, lui mi ha fatto quelle cose...!”
Keith ha ragione, ma non riesco ad immaginare mio padre che uccide Matt. Poteva anche odiarlo, d’ accordo, ma arrivare ad ammazzarlo...!
Cap. 9
Avevo una bella famiglia, un tempo. Una bella casa con giardino. Tanti amici. E una ragazza. Una ragazza davvero meravigliosa. Avevo una vita pressochè perfetta.
“Ma guarda guarda, tiene una foto del
suo ragazzo nel portafoglio!”
“Ridammela, stronza!”
“No frocetto... E’ giusto che Jennifer sappia la verità!”
“Quello è...”
L’ arrivo di Jen mi aveva salvato, o forse no. La fotografia era finita sotto gli occhi della ragazza che amavo. Jen aveva riconosciuto il tipo della foto. L’ espressione sul suo volto si era fatta strana. Mi aveva guardato in tono interrogativo. Sì, perchè è un fatto un po’ insolito portare una foto nel portafoglio... del proprio fratello! Mi sentii umiliato davanti a lei. Scoperto.
“Visto, Jen? Te lo dicevo che non faceva sul serio con te!” disse Holly.
Jen mi guardava incredula. Avrei potuto inventarle una stronzata qualsiasi, invece non cercai neppure di giustificarmi.
Il portafoglio mi era caduto a scuola e Holly l’ aveva trovato. Quando si era accorta che era il mio si era messa a sbirciare dentro ogni scomparto, così l’ aveva trovata. Aveva scoperto la foto di Keith infilata sotto la tessera della biblioteca. Era una foto tessera che avevo rubato a mio fratello da un cassetto della sua scrivania. L’ avevo trovata per caso. Ero andato a cercare un blocco per gli appunti e
“Damon, forse è meglio riprendere il viaggio. Lascia guidare me...”
“Aspetta, ho bisogno di prendere una boccata d’ aria” gli dico.
Scendo dall’ auto e faccio qualche passo verso il bosco. Mio fratello mi segue. Ci addentriamo nel bosco.
“Dovremmo tornare indietro adesso...” mi dice, dopo un po’ che camminiamo.
Mi fermo di scatto. Lui viene verso di me. Mi sembra che pronunci qualche parola, ma non riesco affatto a capire quello che ha detto.
E’ a meno di un metro da me. Le sue labbra continuano a muoversi, ma io non sento alcun suono. Tutto prende a ruotare intorno a me. Accenno un sorriso afferrandolo per un polso. Lo strattono verso di me. Lui barcolla un po’, ma prima che possa perdere l’ equilibrio lo spingo verso il tronco di un albero alle sue spalle. Il mio corpo è premuto pesantemente contro il suo mentre la mia bocca si sovrappone alla sua. Non si oppone, anzi, dischiude le labbra lasciandomi entrare. Ci baciamo. In quel momento lui è Keith, solo Keith, un ragazzo come tanti... Nel senso che non è mio fratello, ma solo un ragazzo che amo. Solo quello.
Quando le nostre bocche si staccano ci fissiamo senza dire niente. Poi, gli tolgo quella maglietta aderente che mi ha sempre fatto impazzire. Avrei voluto letteralmente strappargliela di dosso. Lui mi slaccia i pantaloni mentre mi bacia sul collo. Si inginocchia davanti a me e mi abbassa pantaloni e slip. Accompagno leggermente la sua testa tra le mie gambe. Accarezzo i suoi capelli lisci. Penso a quante altre volte, a quanti altri, ha fatto una cosa del genere. Odio pensarci, ma non riesco a non farlo.
“Voglio che tu sia solo mio...” dico mentre sono quasi al culmine del piacere. Poi, non riesco a controllarmi e prendono a scendermi le lacrime. Quando Keith se ne accorge si rialza immediatamente. Cerca di nascondere l’ imbarazzo chiedendomi se c’è qualcosa che non va.
“Sono un po’ confuso, perdonami...” gli dico mentre tiro fuori la pistola dalla tasca interna del giubbotto. E’ stato proprio Keith a consegnarmela.
“Vuoi farlo adesso?” mi domanda. Lui non capisce le mie reali intenzioni, forse neanche io stesso.
Sta aspettando che prema il grilletto contro la sua tempia. E forse immagina, o comunque spera, che poi la rivolga contro di me. Non faccio niente di tutto questo. La getto via.
“Non lo farò, Keith. Ti riporterò a casa. Mi costituirò...”
“Cosa?! Perchè?!” mi chiede. “Non ce n’è bisogno... papà ha confessato tutti gli omicidi!”
Scuoto la testa. “Ma non è stato lui...!”
“Chi se ne importa...!” arriva a dirmi, quasi me lo urla contro. “Non puoi andare in prigione o... No, non puoi lasciarmi...!”
“Devo dirti dell’ incidente, due anni fa...”
“L’ incidente?”
“Ho provocato io l’ incidente in macchina... Sono responsabile io della morte di Jen...!”
Keith mi abbraccia. Non dice una parola, ma è come se percepissi che non ritiene importante quella mia confessione. E’ dannatamente assurdo tutto questo.
“Papà si sarà comportato come ha fatto, ma... non può pagare per i miei crimini! Riesci a capirlo?”
“’Fanculo! Sta’ zitto...” risponde e soffoca le parole nella mia bocca.
Lo accarezzo da sopra i pantaloni. E’ eccitato. Sentire il suo pene duro sotto le mie mani mi fa perdere del tutto la ragione. Penso di smetterla, mentre in realtà non desidero altro che farci l’ amore. Lo faccio voltare verso l’ albero.
“Ho ucciso Dennis, il tuo Dennis” dico, sottolineando tuo, “perchè ti amo. E non voglio dividerti con nessuno...”
Si abbassa i pantaloni e il resto, si gira un poco verso di me. Lo bacio dolcemente sulle labbra. Faccio l’ amore con lui, ed è come se sapessi che si tratta dell’ ultima volta. Non so bene perchè ma sento che è così. Questa volta è diversa dalla sera prima al motel. Il mio corpo si muove ritmicamente contro e dentro il suo. Ed è come se ci fondessimo con la natura circostante. Mi sento me stesso, solo me stesso. Non mi identifico più con mio padre.
“Torniamo alla macchina” dico, mentre lui si riveste senza dire una parola. Raccolgo la pistola e la rimetto all’ interno del giubbotto.
L’ auto è ancora là, sul ciglio della strada. Saliamo e Keith mi chiede una sigaretta.
“Apri il cruscotto... c’è un po’ di roba...” gli dico. “Sai rollare?”
“Ci provo. Ho visto spesso Dennis che lo faceva.”
“Moccioso!” lo prendo in giro.
“Stronzo!” mi risponde lui sorridendo.
Vorrei che il nostro viaggio durasse per sempre. Vorrei non arrivassimo mai. Mai da nessuna parte. Penso seriamente quanto mi piacerebbe che la mia vita fosse quella.
“Guarda qui, non sono proprio un incapace!” esclama mostrandomi soddisfatto lo spinello.
“Sì che lo sei!” gli rispondo ridendo.
“Ah, fottiti!” ride anche lui.
Il nostro viaggio aveva una meta, ma non l’ abbiamo mai raggiunta.
“Ridammela, stronza!”
“No frocetto... E’ giusto che Jennifer sappia la verità!”
“Quello è...”
L’ arrivo di Jen mi aveva salvato, o forse no. La fotografia era finita sotto gli occhi della ragazza che amavo. Jen aveva riconosciuto il tipo della foto. L’ espressione sul suo volto si era fatta strana. Mi aveva guardato in tono interrogativo. Sì, perchè è un fatto un po’ insolito portare una foto nel portafoglio... del proprio fratello! Mi sentii umiliato davanti a lei. Scoperto.
“Visto, Jen? Te lo dicevo che non faceva sul serio con te!” disse Holly.
Jen mi guardava incredula. Avrei potuto inventarle una stronzata qualsiasi, invece non cercai neppure di giustificarmi.
Il portafoglio mi era caduto a scuola e Holly l’ aveva trovato. Quando si era accorta che era il mio si era messa a sbirciare dentro ogni scomparto, così l’ aveva trovata. Aveva scoperto la foto di Keith infilata sotto la tessera della biblioteca. Era una foto tessera che avevo rubato a mio fratello da un cassetto della sua scrivania. L’ avevo trovata per caso. Ero andato a cercare un blocco per gli appunti e
“Damon, forse è meglio riprendere il viaggio. Lascia guidare me...”
“Aspetta, ho bisogno di prendere una boccata d’ aria” gli dico.
Scendo dall’ auto e faccio qualche passo verso il bosco. Mio fratello mi segue. Ci addentriamo nel bosco.
“Dovremmo tornare indietro adesso...” mi dice, dopo un po’ che camminiamo.
Mi fermo di scatto. Lui viene verso di me. Mi sembra che pronunci qualche parola, ma non riesco affatto a capire quello che ha detto.
E’ a meno di un metro da me. Le sue labbra continuano a muoversi, ma io non sento alcun suono. Tutto prende a ruotare intorno a me. Accenno un sorriso afferrandolo per un polso. Lo strattono verso di me. Lui barcolla un po’, ma prima che possa perdere l’ equilibrio lo spingo verso il tronco di un albero alle sue spalle. Il mio corpo è premuto pesantemente contro il suo mentre la mia bocca si sovrappone alla sua. Non si oppone, anzi, dischiude le labbra lasciandomi entrare. Ci baciamo. In quel momento lui è Keith, solo Keith, un ragazzo come tanti... Nel senso che non è mio fratello, ma solo un ragazzo che amo. Solo quello.
Quando le nostre bocche si staccano ci fissiamo senza dire niente. Poi, gli tolgo quella maglietta aderente che mi ha sempre fatto impazzire. Avrei voluto letteralmente strappargliela di dosso. Lui mi slaccia i pantaloni mentre mi bacia sul collo. Si inginocchia davanti a me e mi abbassa pantaloni e slip. Accompagno leggermente la sua testa tra le mie gambe. Accarezzo i suoi capelli lisci. Penso a quante altre volte, a quanti altri, ha fatto una cosa del genere. Odio pensarci, ma non riesco a non farlo.
“Voglio che tu sia solo mio...” dico mentre sono quasi al culmine del piacere. Poi, non riesco a controllarmi e prendono a scendermi le lacrime. Quando Keith se ne accorge si rialza immediatamente. Cerca di nascondere l’ imbarazzo chiedendomi se c’è qualcosa che non va.
“Sono un po’ confuso, perdonami...” gli dico mentre tiro fuori la pistola dalla tasca interna del giubbotto. E’ stato proprio Keith a consegnarmela.
“Vuoi farlo adesso?” mi domanda. Lui non capisce le mie reali intenzioni, forse neanche io stesso.
Sta aspettando che prema il grilletto contro la sua tempia. E forse immagina, o comunque spera, che poi la rivolga contro di me. Non faccio niente di tutto questo. La getto via.
“Non lo farò, Keith. Ti riporterò a casa. Mi costituirò...”
“Cosa?! Perchè?!” mi chiede. “Non ce n’è bisogno... papà ha confessato tutti gli omicidi!”
Scuoto la testa. “Ma non è stato lui...!”
“Chi se ne importa...!” arriva a dirmi, quasi me lo urla contro. “Non puoi andare in prigione o... No, non puoi lasciarmi...!”
“Devo dirti dell’ incidente, due anni fa...”
“L’ incidente?”
“Ho provocato io l’ incidente in macchina... Sono responsabile io della morte di Jen...!”
Keith mi abbraccia. Non dice una parola, ma è come se percepissi che non ritiene importante quella mia confessione. E’ dannatamente assurdo tutto questo.
“Papà si sarà comportato come ha fatto, ma... non può pagare per i miei crimini! Riesci a capirlo?”
“’Fanculo! Sta’ zitto...” risponde e soffoca le parole nella mia bocca.
Lo accarezzo da sopra i pantaloni. E’ eccitato. Sentire il suo pene duro sotto le mie mani mi fa perdere del tutto la ragione. Penso di smetterla, mentre in realtà non desidero altro che farci l’ amore. Lo faccio voltare verso l’ albero.
“Ho ucciso Dennis, il tuo Dennis” dico, sottolineando tuo, “perchè ti amo. E non voglio dividerti con nessuno...”
Si abbassa i pantaloni e il resto, si gira un poco verso di me. Lo bacio dolcemente sulle labbra. Faccio l’ amore con lui, ed è come se sapessi che si tratta dell’ ultima volta. Non so bene perchè ma sento che è così. Questa volta è diversa dalla sera prima al motel. Il mio corpo si muove ritmicamente contro e dentro il suo. Ed è come se ci fondessimo con la natura circostante. Mi sento me stesso, solo me stesso. Non mi identifico più con mio padre.
“Torniamo alla macchina” dico, mentre lui si riveste senza dire una parola. Raccolgo la pistola e la rimetto all’ interno del giubbotto.
L’ auto è ancora là, sul ciglio della strada. Saliamo e Keith mi chiede una sigaretta.
“Apri il cruscotto... c’è un po’ di roba...” gli dico. “Sai rollare?”
“Ci provo. Ho visto spesso Dennis che lo faceva.”
“Moccioso!” lo prendo in giro.
“Stronzo!” mi risponde lui sorridendo.
Vorrei che il nostro viaggio durasse per sempre. Vorrei non arrivassimo mai. Mai da nessuna parte. Penso seriamente quanto mi piacerebbe che la mia vita fosse quella.
“Guarda qui, non sono proprio un incapace!” esclama mostrandomi soddisfatto lo spinello.
“Sì che lo sei!” gli rispondo ridendo.
“Ah, fottiti!” ride anche lui.
Il nostro viaggio aveva una meta, ma non l’ abbiamo mai raggiunta.
Cap. 10
Tra i miei più cari ricordi dell’ infanzia c’ erano quelli dei fine settimana ad Austin. Passavamo là quasi ogni week-end, a casa dei genitori di nostra madre.
Keith mi fissa in un modo quasi
imbarazzante. Accorgendomene provo vergogna. Stavo ripensando a noi da bambini a
casa dei nonni. Mio fratello ha uno sguardo strano, come se riuscisse a leggermi
dentro.
“Ehi, piantala!” gli dico seccato.
“Ma dove stiamo andando?!” sbotta lui rendendosi conto che quella non è la strada per Phoenix.
“A casa. A casa nostra...”
“Cosa?!”
“Voglio che tu abbia una vita normale.”
“Che stronzo!”
“Scusa ma... io non ho il diritto di trascinarti con me.”
“Trascinarmi?! Io voglio venire con te. Sono io che lo voglio!”
“Una settimana fa non era così.”
“Adesso le cose sono cambiate.”
“E perchè? Per quello che c’è stato ieri notte e stamattina?”
Mio fratello scuote la testa. Dice di non capire quello che mi passa per la testa. E come potrebbe? D’ altronde non lo so neanche io. Il fatto è che mi rendo conto che la situazione è sbagliata. O almeno c’è una parte di me che se ne rende conto.
“Ehi, piantala!” gli dico seccato.
“Ma dove stiamo andando?!” sbotta lui rendendosi conto che quella non è la strada per Phoenix.
“A casa. A casa nostra...”
“Cosa?!”
“Voglio che tu abbia una vita normale.”
“Che stronzo!”
“Scusa ma... io non ho il diritto di trascinarti con me.”
“Trascinarmi?! Io voglio venire con te. Sono io che lo voglio!”
“Una settimana fa non era così.”
“Adesso le cose sono cambiate.”
“E perchè? Per quello che c’è stato ieri notte e stamattina?”
Mio fratello scuote la testa. Dice di non capire quello che mi passa per la testa. E come potrebbe? D’ altronde non lo so neanche io. Il fatto è che mi rendo conto che la situazione è sbagliata. O almeno c’è una parte di me che se ne rende conto.
*
* *
E’ piovuto tutta la mattina. Rivedere Liz al funerale di Matt mi ha fatto sentire colpevole. Senza contare il fatto che tutti gli sguardi dei presenti erano puntati su di me. Accusavano tutti il figlio di quel sadico assassino di giovani poco più che ventenni. Sapevo che questo sarebbe stato inevitabile, ma era pur sempre la cerimonia funebre del mio migliore amico. Liz intuendo il mio stato d’ animo si è seduta accanto a me in chiesa. Mi ha stretto la mano in segno di solidarietà. Le sono stato grato.
Keith è rimasto a casa. Da quando siamo tornati non è più uscito dalla sua stanza. Non fa entrare neanche me. Sapevo avrebbe reagito male, ma non vedevo altra soluzione. Speravo che col tempo avrebbe capito.
Sul corpo di Matt, rinvenuto in un fossato non molto lontano da dove abitiamo, sono state trovate le impronte di mio padre.
“Scusa se non ti ho creduto, Damon... Mi sembra di vivere un incubo...” mi confida mia madre.
“Mamma...” dico, e l’ abbraccio.
Io, un assassino, cerco di consolarla come posso. Inizio quasi a credere che sia stato davvero mio padre ad uccidere Dennis e l’ altro studente. Al momento sono certo solo di una cosa. Ho provocato io l’ incidente stradale in cui Jennifer, la mia Jen, ha perso la vita. Quel pomeriggio avevo visto lei e Keith parlare nel cortile sul retro della nostra casa. Avevo visto come lui le sorrideva. Sapevo che a Keith le ragazze non interessavano, ma in quel sorriso non c’ era solo innocente amicizia. Avevo visto altro. Magari mi ero sbagliato. O magari no...
Sono le tre di notte. Sono seduto in macchina, nel vialetto davanti casa. Da qui posso vedere la finestra della camera di Keith. C’è ancora la luce accesa. Accendo l’ autoradio, metto un vecchio cd. Vorrei che Matt fosse seduto accanto a me. Ci fumeremmo una canna parlando del più e del meno. Immagino che lui sia davvero lì. E’ strano, ma riesco quasi a percepire la sua presenza.
“Condanneranno mio padre. Ha ammesso di aver ucciso Dennis e l’ altro studente...” dico a Matt. “Lo condanneranno per degli omicidi che in realtà ho compiuto io.”
“Non t’ importa?”
“Forse un po’... Ma se fossi io a morire...”
“Chi si prenderebbe cura di Keith?” finisce per me la frase Matt.
“Chissà magari lo penso solo perchè mi fa comodo...E in realtà ho una fottuta paura di morire e basta...!”
“Quando Keith ti ha chiesto di morire con lui...”
“Se avessi sparato e poi mi fosse mancato il coraggio di togliermi la vita...? Non posso pensarci. Forse è per questo che alla fine non l’ ho ucciso.”
“Tu sapevi...” dice Matt, “che non avresti mai puntato la pistola contro te stesso!”
“Sì, è così...” ammetto infine. “Non penso che l’ avrei fatto. Gli avrei sparato punto.”
Matt si rolla una canna. Lo guardo alla debole luce del lampione vicino al garage. E’ seduto vicino a me. Sembra così reale la sua presenza, eppure io non posso neppure sfiorarlo.
“Jennifer mi ha detto di salutarti...”
Mi sorprendo nel sentire pronunciare quel nome, adesso, dal fantasma di Matt.
“Lei... sta bene...?” chiedo, sperando che la doamnda non suoni troppo ridicola.
“Non male... Se così si può dire...” risponde lui ironico.
“Ma a te cos’è successo?”
“Damon... “ dice e scoppia a ridere.
“Spiegami...!” lo esorto.
“Tale padre tale figlio... Tutti e due ossessionati da Keith...! Tuo padre ha portato a termine il lavoro che tu avevi iniziato... Ricordi? Nel capanno...”
“No... Che diavolo stai cercando di dirmi...?!”
Matt continua a ridere. “Sei pazzo, Damon. E tuo padre è come te. Siete due folli assassini!”
Prendo la pistola che ancora porto nel giubbotto e gliela punto contro. Matt ride ancora più forte.
“Sei ossessionato, Damon. E c’è un solo modo per uscirne... “
“Uccidere ciò che mi ossessiona...!” rispondo terminando la sua frase.
EPILOGO
Ho fatto un sogno non molto tempo fa. Vivevo ad Austin con Keith e mia madre. Jennifer non era mai morta. E neanche Matt. O forse semplicemente non esistevano in quella realtà.
“Puoi aiutarmi a portare di sotto anche queste ultime scatole?”
“Sì, certo...” rispondo. Lo sguardo mi cade su una vecchia foto di mio padre e mia madre. Sicuramente di qualche anno prima del loro matrimonio, dato che hanno l’ aspetto di due liceali.
“Non perdere tempo, Damon. Vorrei lasciare la casa prima di sera. Sai quanto detesto viaggiare quando è buio.”
“Sì, scusa.”
L’ultima volta che siamo andati a
trovare papà in prigione era la fine di settembre. Mia madre ha pianto per tutto
il tempo. Io ero, come dire... scollegato. Era come se in realtà non fossi
neanche lì. Papà ha chiesto di Keith. Un brivido aveva attraversato
completamente il mio corpo, dalla testa fino ai piedi.
“Che t’ importa?” aveva chiesto una voce dentro di me.
Ho odiato mio padre, in quel momento.
“Stai bene, Damon?” mi aveva chiesto lui.
Non ero riuscito a dire niente. Neanche a fare un cenno con la testa. Immaginavo mi stesse accusando di essere responsabile della sua condanna a morte. Sapeva che ero un assassino. Lo sapeva. Sì, ma... Lui non era forse come me?
“Mi dispiace...” dsse.
“Hai ucciso Matt!” disse la voce dentro di me.
Quello che provavo non riuscivo a definirlo con precisione. Forse, gli occhi scuri di mio padre, che per un attimo penetrarono violenti dentro i miei, prima di andarcene, mi fecero provare un leggero senso di rimorso. Fu la prima e unica volta.
Non dissi neanche ‘ciao’. Niente di niente. Solo la voce dentro di me disse: ‘Ciao, papà!”
“Che t’ importa?” aveva chiesto una voce dentro di me.
Ho odiato mio padre, in quel momento.
“Stai bene, Damon?” mi aveva chiesto lui.
Non ero riuscito a dire niente. Neanche a fare un cenno con la testa. Immaginavo mi stesse accusando di essere responsabile della sua condanna a morte. Sapeva che ero un assassino. Lo sapeva. Sì, ma... Lui non era forse come me?
“Mi dispiace...” dsse.
“Hai ucciso Matt!” disse la voce dentro di me.
Quello che provavo non riuscivo a definirlo con precisione. Forse, gli occhi scuri di mio padre, che per un attimo penetrarono violenti dentro i miei, prima di andarcene, mi fecero provare un leggero senso di rimorso. Fu la prima e unica volta.
Non dissi neanche ‘ciao’. Niente di niente. Solo la voce dentro di me disse: ‘Ciao, papà!”
Sono passato a salutare Jennifer e Matt. Lasceremo la città questo pomeriggio. Ho fatto un salto a salutare Liz. L’ ho trovata seduta in giardino. Vedendomi arrivare si è alzata e mi è venuta incontro. Mi ha gettato le braccia al collo.
“E così te ne vai anche tu...” mi ha detto in tono triste.
Abbiamo parlato un po’, fino a che la chiamata di Holly sul cellulare di Liz non ci ha interrotti.
Le ho fatto cenno che me ne andavo. Lei ha fatto il gesto ‘aspetta’ con la mano, ma io le ho sorriso e sono andato via.
La sera in cui Matt, o meglio il suo fantasma, mi disse di uccidere la mia ‘ossessione’ entrai in casa. Salii le scale nel silenzio della notte. Raggiunsi la cameretta di Keith e rimasi qualche istante davanti alla porta socchiusa. Tenevo la pistola con cui lui aveva ucciso quel poliziotto durante la nostra fuga. Ricordai quello che mi aveva detto: “Non voglio che ci prendano...”
Aprii la porta della sua stanza. Era seduto alla scrivania, davanti al computer. Si voltò verso di me, con uno sguardo interrogativo. Vide l’ arma e sorrise. Il suo sorriso sembrava triste.
“Cosa stai facendo?” gli chiesi accennando al portatile.
“Sto scrivendo alla sorella di Jennifer...”
Mi avvicinai a mio fratello. Scaraventai la pistola lontano, sul letto.
“Che succede, Dam?” mi chiese innocentemente. I suoi occhi tristi mi ricordavano quelli di Jen.
“Non lo so...” dissi. “Senti, dobbiamo sbarazzarcene... della pistola, intendo...”
“Sai, per un momento... Ho creduto volessi uccidermi.”
“Come potrei... uccidere mio fratello...?!”
I suoi occhi erano prossimi alle lacrime. Per evitare di vederlo frignare a causa mia, o forse perchè proprio non riesco ad evitarlo, l’ ho baciato.
“Devo confessarti una cosa, Keith.”
Gli dico di aver ricordato qualcosa che riguardava Matt. Gli racconto del rapimento.
“Nel capanno?! Ma la polizia era stata là e non aveva trovato niente...”
“Sul retro del capanno c’ era, nascosto dall’ erba alta, l’ accesso ad una sorta di nascondiglio che portava ad una stanza nel sottosuolo. Penso che papà mi abbia visto portare là Matt... Io non avevo intenzione di ucciderlo... credimi, lui era il mio migliore amico!”
“Allora è stato veramente papà?!”
“Sembra di sì... Forse aveva paura che lui mi denunciasse e l’ ha fatto fuori al posto mio...!”
“Damon... ma perchè avevi rinchiuso Matt?”
Non ero sicuro di poter rispondere correttamente a quella domanda. Credo fosse perchè dalla sua canzone avevo capito che lui vedeva Keith come un ostacolo tra noi. D’ altronde avevo ucciso anche Jen per un motivo del genere, anche se in quel caso ero io che vedevo lei come un ostacolo tra me e Keith.
“A volte... non so cosa mi succeda... è come se... mi scollegassi... come se i miei pensieri non mi appartenessero... come se dentro di me ci fossero i pensieri di due persone distinte...!” gli confidai.
“Vorrei solo sapere cosa pensa di me ciascuna di quelle due persone...”
“Pensano entrambe la stessa identica cosa...” sostenni. E ci baciammo di nuovo.
Siamo arrivati ad Austin verso le otto di sera. La casa dei nonni non è cambiata molto da come la ricordavo. Non avremo mai una vita facile, io e Keith, ma l’ affronteremo insieme. Nessuno dei due ha il desiderio di andarsene a vivere per conto proprio. Forse mia madre a lungo andare lo troverà strano. Avremmo potuto andare via dagli Stati Uniti. Trovare il modo di avere due nuove identità e poter vivere tranquillamente, ma non me la sento di abbandonare mia madre. Per poter vivere sotto lo stesso tetto al momento non abbiamo altra scelta che continuare a vivere come fratelli.
Sembra tutto così maledettamente perfetto...