Curiosità: In questo racconto sono presenti (solo in qualità di guest star!) alcuni personaggi di un mio vecchio racconto "Every You Every me". E' temporalmente ambientato dopo gli avvenimenti di quel racconto, tuttavia non è un sequel. Potrebbe essere però considerato uno spin-off, dal momento che il protagonista è un personaggio secondario che era presente quel mio vecchio racconto. Mi piacerebbe poter intrecciare, in futuro, anche le vite di tutti gli altri personaggi dei miei racconti.
Quello che mi colpì di lui, da subito, più che la sua faccia o il suo corpo, fu la sua stretta di mano. Una stretta decisa. Poi, il suo sguardo. Mi fissò per qualche istante. Ci fissammo. Mi disse qualcosa, o piuttosto cercò di farlo, con la mente. Non compresi. Ero rimasto talmente affascinato dal suo modo di presentarsi che distrattamente non avevo capito neanche il suo nome. Mi sorrise e si allontanò per raggiungere un paio di ragazzi che non avevo mai visto nel locale. Rimasi una decina di minuti ad osservarlo. Ero inspiegabilmente attratto dal modo che aveva di gesticolare parlando. Quando, voltandosi nella mia direzione, si accorse del mio sguardo puntato su di lui mi fece cenno di raggiungerlo. Mi presentò ai suoi amici, e mi resi conto che uno dei due era una ragazza, e si dileguò. Lei mi sorrise: "Ale" disse semplicemente. I suoi capelli erano cortissimi e da lontano, in penombra, mi era sembrata un ragazzo. Avevo anche pensato fosse molto carino. Il tipo che stava con lei disse di chiamarsi Roby. Mi strinse la mano svogliatamente, ma più che da me sembrava seccato dal trovarsi lì. I due frequentavano la stessa facoltà del ragazzo che avevo appena conosciuto ed era la prima volta che venivano al Caprice. Parlando pronunciarono più di una volta il nome di Gab e finii per immaginare dovesse essere il nome di quel ragazzo. Quando lui tornò teneva tra le mani due bicchieri. Non so bene come ma sapevo che l' altro era per me. Brindammo tra noi e poi sollevammo i bicchieri in alto davanti ai due ragazzi.
"Ci vediamo più tardi" salutò Ale. E lei e Roby sparirono tra la folla. Lasciai la festa verso mezzanotte quando molti ragazzi stavano invece arrivando. Quella notizia mi aveva buttato giù di morale. Sia per la morte di suo padre sia per il fatto che non mi avesse neanche chiamato per dirmelo. Mi rattristava dover realizzare che dopotutto non sentiva neanche il bisogno di confidarsi con me in un momento drammatico come quello.
Noi ci appartammo in una specie di privè, senza le pareti, a cui avevano provato a dare una sorta di intimità con dei paraventi orientali. Ogni tanto passava qualcuno che lo conosceva e si fermava a scambiar due chiacchiere. Ero infastidito da quelle continue interruzioni dei nostri discorsi, e alla fine finsi di esser stanco e me ne andai. Non lo rividi per quasi una settimana. Una sera uscendo a comprare qualcosa per cena incontrai Ale e le chiesi notizie. Lei se ne sorprese. Era convinta che noi stessimo insieme, così le era sembrato di capire quella sera al Caprice. Quando le dissi che l' avevo conosciuto proprio quella volta sgranò gli occhi incredula. Disse che le eravamo sembrati una coppia, che non aveva avuto nessun dubbio in proposito.
"Suo padre non sta molto bene, quindi lui è andato sù dai suoi..." mi disse.
"Sù...?" chiesi.
"Sì, a Milano" precisò. "I suoi abitano a Milano."
Non sapevo proprio niente di lui, a momenti neanche il suo nome. Mi vergognai di me stesso. Ale mi scrisse il suo numero di cellulare sul retro dello scontrino del supermarket. Quella sera me ne ero scappato senza neanche chiedergli di lasciarmi il suo numero. Il massimo della stupidità. E adesso che ci pensavo non l' avevo neanche ringraziato per avermi offerto la bevuta. Appena ci saremmo rivisti mi sarei scusato.
"Tu lo conosci da molto?" le chiesi. "Gli darà fastidio se lo chiamo?"
Lei si mise a ridere. "Non pensavo fossi un tipo che si fa tutti questi problemi!"
"Lo conosco appena e non vorrei fare qualcosa di sbagliato..." le spiegai.
"Allora ci tieni davvero a lui!" constatò. E ne sembrava felice.
"Spero di rimediare la prossima volta e di riuscire a conoscerlo un po' meglio."
"Beh, sai, lui comunque non è un tipo a cui piace parlare molto di sè."
"Quindi tu lo conosci da diverso tempo, mi sembra di capire..."
"Credevo di conoscerlo, una volta... ma poi ho capito che indubbiamente mi sbagliavo!" sostenne lei.
Avevo già intuito dove stava per arrivare: Gab era stato il suo ragazzo. Annuii con la testa. Lei sorrise.
"Che ne dici di venire a mangiare da noi, da me e Rob?" mi propose.
Accettai il suo invito. A convincermi era stato il motivo idiota che, mentre aspettavo di approfondire la conoscenza con Gab, intanto conoscevo meglio la sua ex. Quella sera Rob si rivelò molto più cordiale di quando l' avevo visto al Caprice. Mi disse che non amava molto andare in giro per locali gay, che era stata Ale a trascinarcelo dietro richiesta di Gab. Tra lei e Gab era finita già da tre anni, ma il rapporto di amicizia tra loro era rimasto. Si conoscevano fin da piccoli, anche lei era di Milano. Poi, lui aveva deciso di trasferirsi a Bologna per frequentare il Dams e lei l' aveva seguito.
Il giorno dopo presi coraggio e chiamai Gab al numero che mi aveva dato Ale. Ci fu un po' di imbarazzo iniziale e tentai di giustificare la mia telefonata.
"Credevo non t' importasse. Te ne sei scappato via quella sera..." disse. "E io certo non corro dietro a nessuno!" aggiunse poi, ridendo.
Quando lui tornò a Bologna ci vedemmo. Lo invitai a casa mia. Bevemmo birra e fumammo maria per tutta la notte. La mattina sarebbe dovuto andare in facoltà, ma a mezzogiorno era ancora steso sul mio divano.
"Voglio andarmene da qui, dico davvero..." biascicò, sollevandosi faticosamente e tirandosi sù a sedere.
Gli portai il caffè e mi sedetti vicino a lui.
"Non rimarrò per sempre in Italia. Voglio viaggiare... E tu?"
Mi coglieva impreparato. Non perchè non avessi alcun sogno, ma proprio perchè avevo il suo stesso desiderio di andar via.
"E allora?" chiese.
"Non lo so, Gab. Sono da poco tornato a Bologna e... Sì, ecco... non so ancora bene quello che voglio fare della mia vita..."
"Ho capito. Bene, deciderai quando verrà il tempo."
Mi sembrarono le parole più sagge, rivolte a me, che avessi mai udito. Tutto ciò che lui diceva per me era saggio.
Un pomeriggio, in cui mi aggiravo per i corridoi dell' università aspettando Gab, lo sguardo mi cadde su una lista di nomi appesi in una bacheca. Erano i membri di non so bene cosa, non lo ricordo. Tra i nomi, una decina in tutto, spiccavano quelli di 'Alessia B.' e 'Gabriele R.' Immaginavo che Gab fosse il diminutivo di Gabriele ma non ne avevo la certezza.
La sera ce ne andammo un po' in giro per pub e poi facemmo sosta al Caprice. Qui Gab incontrò il suo amico Manuel. I due sparirono per un po' nel bagno del locale. Mi guardai intorno in cerca di un volto familiare: Niente. Un tipo mi si avvicinò chiedendomi se volevo bere qualcosa insieme a lui. Risposi di no. In realtà avrei fatto meglio ad accettare invece di restarmene impalato come un fesso mentre Gab se la spassava. Alla fine decisi di uscire dal locale. Erano quasi le due di notte. Mi appoggiai al muro di fianco all' ingresso del Caprice e sperai che nessuno venisse ad importunarmi. Poco dopo udii delle voci e risa. Mi voltai e vidi Manuel e Gab.
"Credevo fossi scappato di nuovo!" mi disse ridendo.
"Ci vediamo, Gab!" salutò Manuel, e rientrò nel locale. Non mi considerò neppure.
Ero arrabbiato con Gab. Non tanto perchè era stato a spassarsela con quel tipo, ma piuttosto perchè mi aveva lasciato là da solo. E mi ero sentito tanto simile ad un cane legato fuori dalla porta in attesa del ritorno del padrone.
Quella sera litigai con Gab. Lui mi accompagnò fin sotto casa, pretendeva di entrare, ma io gli sbattei la porta in faccia. Passai la notte da schifo. Non riuscivo a smettere di pensare a come l' avevo trattato. Cercavo anche di capire come stavano effettivamente le cose. Noi eravamo semplicemente 'amici', giusto? Cercavo di fare il punto della situazione. Gab poteva fare sesso con chi voleva, no? Non ne avevamo mai parlato. La notte che avevamo trascorso insieme a casa mia avevamo solo bevuto e fumato. E dormito. Come due amici. Allora perchè mi sentivo di dover chiarire alcuni dettagli del nostro rapporto?
Una delle cose che più mi piacevano in Gab era il suo modo di parlare. Talvolta non lo faceva usando le parole, ma comunicava con me attraverso lo sguardo. Il modo che mi incuriosiva ancora di più era quando tentava di parlarmi telepaticamente. All' inizio non mi era chiaro cosa facesse quando mi fissava insistentemente senza pronunciare una parola. Poi, ne parlammo. Gli dissi che avvertivo qualcosa, ma non riuscivo comunque ad afferrare il 'suono' di quanto mi diceva. Lui scoppiò a ridere. Lo faceva spesso. E mi piaceva. Gab era una persona molto particolare, penso fosse per quello che ne ero dannatamente attratto.
Dopo la sera che litigammo uscendo dal Caprice sparì di nuovo dalla mia vita. Non rispondeva neanche al cellulare. I numeri di Ale e Roby non ce li avevo, così passai direttamente dal loro appartamento. Ale disse che gli avrebbe detto di chiamarmi, ma i giorni continuavano a passare e la telefonata non arrivava. Per quanto mi dispiacesse della cosa, e forse mi sentivo un po' in colpa, decisi di metterci una pietra sopra. Se lui non voleva più saperne di sentirmi perchè avrei dovuto insistere io stupidamente?
* * *
Una sera mi trovavo in un pub vicino a Piazza Maggiore con un paio di amici quando mi sembrò di vederlo appoggiato al bancone che beveva una birra. Era passato quasi un mese. Non solo non c' eravamo più visti ma neanche più sentiti per telefono. Pensai di andare a salutarlo, ma poi rinunciai. Ci sedemmo ad un tavolo e ordinammo da bere. Non riuscivo a smettere di guardare nella sua direzione. Vicino a lui c'era un tipo sulla quarantina che continuava a parlargli dandogli di tanto in tanto una pacca sulle spalle. E non mi sembrava lo facesse nel modo in cui lo fanno due amici etero. Feci i pensieri più osceni e perversi su quella situazione. Immaginai fosse il suo amante o peggio ancora che facesse il mantenuto di quell' uomo. Era al tempo stesso un pensiero ripugnante e allettante. Mi vergognavo di me stesso.
"Ehi, ma cosa c'è laggiù di tanto interessante?" mi domandò alla fine uno dei miei amici.
"Niente. Solo un tipo che mi sembra di conoscere..."
Si voltarono entrambi a guardare verso Gab. In quel preciso istante il sosia di Gab si voltò nella nostra direzione. Quasi rovesciai la birra che tenevo in mano rendendomi conto che effettivamente si trattava di lui. Gab disse qualcosa all' uomo che era con lui e mi indicò. Parlò ancora con il suo compagno, poi venne verso di noi. Mi salutò. Gli presentai i miei amici, poi lui tornò da quell' uomo. Lo seguii con lo sguardo. Continuai a guardarlo di tanto in tanto.
Proseguimmo la serata a chiacchierare sui gradini di San Petronio. Mentre uscivamo Gab mi salutò di nuovo, io ricambiai. Speravo mi avrebbe seguito. Volevo delle spiegazione per essere sparito a qual modo, invece niente. Ero solo un povero illuso.
I miei amici avevano capito che c'era qualcosa che non andava, ma per discrezione non mi fecero domande. Li salutai perchè l' indomani sarei dovuto andare al lavoro ed erano già le tre. Arrivato a cento metri da casa mi accorsi che davanti al portone c'era qualcuno. Nella mia fantasia non avrebbe potuto che trattarsi di Gab, invece purtroppo per la mia ingenuità non era così. Era piuttosto buio e non riuscii a scorgere di chi si trattasse fino ad una trentina di metri. Era un tipo alto, più o meno della mia età. Continuai ad avvicinarmi, stupidamente. Questo in un attimo mi fu addosso mandandomi a sbattere contro il muro.
"Dammi il portafoglio!" mi minacciò con un coltello a serramanico. Non avevo con me molti soldi, ma volle che gli consegnassi anche il cellulare.
Le luci dei fari di una macchina che si avvicinava lo misero in fuga, ma non prima di avermi scaraventato a terra e avermi assestato un violento calcio nello stomaco. L' auto si fermò per soccorrermi.
"Oddio..." disse una voce familiare quando si accorse di conoscermi.
"Gab..."
"Scusa se non l' ho inseguito ma volevo vedere se avevi bisogno di aiuto..."
"Non fa niente... grazie...!"
"Come stai? Devo chiamare un' ambulanza?" chiese con la voce che gli tremava.
"No no, mi ha solo buttato per terra e dato un calcio... Sto bene. Aiutami solo ad alzarmi, per favore."
"Hai battuto la testa... c'è del sangue... forse dovremmo..."
"Sto bene. Smettila" lo rassicurai.
Mi aiutò a salire le scale di casa e mi fece stendere sul divano.
"Non ho niente" continuavo a ripetergli.
Non l' avevo mai visto così preoccupato. La sua faccia era bianca
"Tranquillo, non sto morendo..." scherzai.
"Volevo raggiungerti prima ma ho dovuto accompagnare a casa il mio prof... Sai, il tizio che era con me al pub."
Il suo professore... Mi sentivo sollevato, quasi felice. "Non ti sei fatto vivo per un mese" gli rimproverai.
"Lo so. Dovevo dare un esame e..."
"E non hai trovato il tempo per me. Ok."
"Non si tratta di te. Non ho trovato il tempo per nessuno" si giustificò.
Avrei voluto esssere qualcosa di più di un qualcuno qualunque dei suoi amici, ma non glielo dissi. Lasciai cadere il discorso. Non volevo rischiare di litigarci di nuovo. Quando lo avevo rivisto in quel pub avrei voluto gettargli le braccia al collo. La felicità di averlo rivisto era immensa, incontenibile.
"Ehi, il prof mi ha fatto un regalo" disse mostrandomi un pacchettino argentato. "Ne hai voglia?"
"Il tuo prof ti regala marijuna...?!"
Annuì. "Già..." disse sorridendo.
"Domani dovrò denunciare l' accaduto..."
"Ma era sotto casa tua?" chiese iniziando a rollare una canna.
"Sì, e sembrava aspettasse proprio me."
"Che figlio di puttana! Mi pento di non averlo seguito quel bastardo!"
"Credevo fossi tu. Speravo saresti venuto qui" ammisi, con un certo imbarazzo.
"Se non avessi ritardato... Per pochi minuti, cazzo!"
"Già per pochi minuti..." ripetei io. "Comunque se tu avessi ritardato ancora di più non so come mi avrebbe ridotto. Quando mi ha sferrato quel calcio me la son vista davvero brutta. E poi aveva un coltello... Non avrei neanche potuto difendermi!"
Si era seduto ai piedi del divano, mentre io me ne stavo sdraiato. Gab non voleva mi tirassi sù a sedere e ogni tanto mi chiedeva come andava la testa.
"Mi piace il tuo appartamento, Sammy."
"Eh?!"
"Mi piace qui. Non so, è strano. E’ come se mi sentissi... a casa...!"
Non avevo avuto quella reazione perchè non avevo capito. Il fatto era che mi aveva colto totalmente impreparato sentirmi chiamare in quel modo da lui. A volte neanche pronunciava il mio nome, preferiva un 'Ehi', oppure lo abbreviava in tutti i modi possibili compreso 'Esse'. Così mi suonava un po' strano, anche perchè ero più grande di lui.
"Ma a cosa pensi?"
"Che sei strano, Gab. Davvero."
"E tu invece saresti quello normale, eh? Certo, la saggezza degli anni..." disse aspirando profondamente, poi mi passò lo spinello.
Si appoggiò con la testa alle mie ginocchia. Mi guardò. Lo avvertii, anche se avevo gli occhi chiusi.
"Quando ero ragazzino passavo ore e ore alla finestra per riuscire a vedere un ufo. Immaginavo di potermene andare via con loro, su un altro pianeta."
"Forse lo fanno tutti i ragazzini..." rispose lui.
"Tu ne hai mai visti? Di ufo, voglio dire..." Feci un altro tiro e gli passai lo spinello.
"Io ero convinto di venire dallo spazio. Ci credevo sul serio..." disse scoppiando a ridere. "Così pensavo che un giorno sarebbero tornati a prendermi. Li ho attesi per tanti anni..."
"Davvero?" Qualsiasi cosa dicesse mi affascinava. Ne ero estasiato. E non era solo per via della marijuana.
"Già... ma non sono mai venuti... Mi hanno abbandonato qui, si vede che questo era il mio destino."
"Ehi, Gab..."
"Sì?"
"Verrò con te" gli dissi guardandolo negli occhi.
"Non è ancora il tempo. Non devi decidere troppo in fretta." rispose lui.
Non mi aspettavo quella risposta. Ci rimasi un po' male. Lui non ci badò oppure finse di non accorgersene.
"Non si può mai sapere quand'è esattamente il tempo" gli dissi. "Non avrei neanche pensato di riuscire tornare a Bologna così presto. La mia vita sembrava ormai confinata nella capitale, invece eccomi qui."
"Da quanto mancavi?"
"Cinque anni."
"Questo spiega perchè mi sembravi così solo. Non hai ricontattato i vecchi amici?"
"Non ci sentiamo da allora. Solo un mio vecchio compagno di scuola, con cui ci sentivamo i primi tempi dopo la mia partenza, mi ha telefonato tre anni fa. E sai la cosa strana, dopo tanto tempo, mi chiamava ancora 'Sammy'."
"Cinque anni, eh? Vista la tua età... Saranno tutti sposati ormai!" considerò. E rise di gusto.
"Adesso basta con questa storia dell' età" dissi, risentito.
"Ok ok" rispose lui. "E cosa voleva dopo tutto quel tempo?"
"Non ricordava se mi aveva baciato o meno un pomeriggio che era venuto a studiare da me..." risposi, passandogli la canna.
"Non se lo ricordava? Ma dai..."
"Era la prima volta che baciava un ragazzo, quello che non gli ho mai detto è che anche per me era la prima volta."
"Wow..."
La canna stava facendo effetto. Eravamo rilassati quanto basta e la nostra mente libera da ogni preoccupazione.
"E l' hai rivisto? Sa che sei a Bologna?"
"No. Dammi dello stupido ma ho paura della reazione che potrei avere rivedendolo. Lui mi piaceva. Dopo quel bacio mi chiese di far finta che non fosse successo niente..."
"Ah, capito... Uno di quei tipi che non vogliono ammettere di essere omosessuali anche se in realtà sanno benissimo di esserlo. Si sarà sposato con una donna che non ama, con cui fa sesso solo per routine, e che ogni tanto si fa rimorchiare da qualche tizio in qualche gay bar..."
Lo guardai incredulo. Non pensavo affatto che le cose stessero così. Parlare di Eric mi aveva fatto venire voglia di chiamarlo. Poi, pensai alla mia faccia. Al pessimo aspetto che doveva avere il mio viso pesto di lividi e rinunciai.
Incontrai Eric, non molto tempo dopo, per caso sotto i portici di Via Indipendenza, all' altezza del cinema in cui eravamo andati insieme diverse volte da ragazzini. Erano soltanto le tre del pomeriggio ma lo invitai ugualmente a bere una birra. Parlammo un po' e mi disse che conviveva con un ragazzo di un paio d' anni più grande di lui. Si scusò per la telefonata di tre anni prima.
"Si chiama Marzio. L' ho conosciuto ad una festa..." mi raccontò. "L' incontro non è stato dei migliori" disse, senza riuscire a trattenere un risolino. "Vedi, ero ubriaco e gli ho quasi vomitato addosso... Lui mi ha accompagnato in bagno e..." s' interrompeva, non riusciva a non ridere ricordandolo.
"Ma dai!" Ridevo anch’io immaginando la scena.
"Già e sai quel folle cos' ha fatto?!"
Scossi la testa incuriosito dalla sua storia.
"Mi ha scattato una foto! E l' ha tenuta sul cellulare per tanto tempo, a mia insaputa. Quando ci lasciammo, mi disse in seguito, continuava a guardarla. Poi, mi confessò che era stata proprio quella ad averlo fatto tornare da me. Non pensi che sia totalmente matto?!"
"E così, adesso, convivi con lui. Bene."
"E tu?"
"Un mio caro amico direbbe che sono scapolo. Sai, Eric, adesso credo di potertelo dire... Quel giorno, nella soffitta, avrei voluto abbracciarti. Tu mi piacevi!"
Se alla seconda pinta di birra facevo già certe dichiarazioni c' era da preoccuparsi. Il fatto è che avrei voluto dirglielo da sempre. Da quella volta. Se solo lui non avesse reagito come invece reagì.
"Anche tu. Anche tu mi piacevi, però mi sembrava una cosa sbagliata. Non è stato facile per me accettarmi per quello che sono. Tendevo sempre a negare. Reprimevo i miei sentimenti. Te la ricordi Rachele?"
"Come no! Me ne parlavi continuamente!"
"Dopo che tu partisti per Roma ci mettemmo insieme. So di non avertelo mai detto e mi dispiace, ma una parte di me non voleva che tu lo sapessi."
"Con Rachele...?!"
A quel punto ritenni necessario ordinare un' altra birra. Eric fece lo stesso. Dopo un' ora, e un altro paio di birre, per un totale di cinque bevute a testa, eravamo completamente sbronzi. In questo io e Eric ci assomigliavamo.
"Mi sei mancato, Sammy" disse uscendo dal bar. "Se tu non avessi lasciato Bologna chissà quanto ci saremmo divertiti insieme!"
Penso avesse ragione. Eravamo grandi amici un tempo. Passare del tempo con lui mi aveva fatto dimenticare il motivo per cui ero uscito di casa. Dovevo andare a ritirare dei libri per Gab che al momento si trovava a Milano dai suoi genitori. Una sua chiamata sul cellulare mi riportò nel presente. Mi resi conto che la mia voce era impastata a causa dell' alcol, e Gab se ne accorse. Mi chiese se avevo bevuto e gli dissi dell' incontro con Eric. Non sembrò dargli troppa importanza, tuttavia al suo rientro a Bologna dovetti subire un interrogatorio di terzo grado. Non riuscivo a definire se tutto quel suo interesse nascesse da qualcosa di simile alla gelosia. E non ho mai capito se Gab potesse provare un sentimento come la gelosia.
Rividi altre volte Eric. Andammo insieme al cinema e a cena fuori. Una sera organizzammo pure un' uscita a quattro con Marzio e Gab. Fu molto piacevole. Marzio era un tipo davvero sopra le righe.
Ancora non mi era chiaro se io e Gab stessimo insieme oppure no. Avrei voluto chiarire, ma non lo feci mai. Gab continuava a chiamarmi Esse. Penso lo trovasse originale. E a me infondo non dispiaceva quel nomignolo.
"Se tento un approccio sessuale con lui... beh, si mette a ridere ed inizia parlare dei suoi esami universitari! Non ce la faccio più!" dichiarai.
Eric e Marzio mi fissarono sbalorditi.
Ero passato da casa loro perchè Marzio mi aveva promesso una copia, ancora inedita, del nuovo album del suo amico Brian. Era la prima volta che vedevo il loro appartamento, ogni tanto faceva il suo ingresso inaspettato Kate, una loro coinquilina, che girava per casa mezza svestita.
"Non farci caso" mi aveva detto Eric. "In qualche modo lei fa parte della famiglia."
Invidiavo Eric e Marzio. La loro vita insieme in quel piccolo appartamento. Il loro amarsi.
Rivedere Eric dopo tanti anni non era stato così traumatico come avevo immaginato. Non era cambiato molto e fisicamente sembrava sempre il ragazzino con cui andavo a scuola. Era molto carino e, forse se non fosse stato già impegnato, ne sarei stato ancora attratto. Anzi, ne ero ancora attratto, ma il fatto che avesse un compagno mi aveva fatto rinunciare a provarci di nuovo con lui.
Negli ultimi mesi ero riuscito a risparmiare qualche soldo e mi decisi a prendere un' auto usata. Proprio il giorno in cui andai a ritirarla alla concessionaria litigai con Gab.
Eravamo seduti in macchina, in mezzo al traffico, quando lui tirò fuori un pacchettino argentato e le cartine e iniziò a rollarsi una canna.
"Qui?! Adesso?!"
"Beh? Rilassati, Esse. Ti fai sempre un sacco di problemi..."
"E tu ti comporti sempre da incoscente."
"Ah, sì?" mi schernì lui. "E chi di noi due vive meglio secondo te?"
"Fanculo! Ma cosa ne sai di come vivo io?!" mi alterai.
"Ti vedo, ecco tutto. Ti piace quell' Eric e soffri come un cane senza tentare di far niente!"
"Ma di che parli?! E comunque... cosa dovrei fare?!"
"Tu osservi, non agisci."
Le sue parole si facevano sempre più pungenti. Stavo perdendo davvero la pazienza. Sapevo che aveva ragione. Se avessi agito, come diceva lui, in quel momento avrei reclinato all' indietro il suo sedile e gli sarei saltato addosso. Osservavo, era vero. Non facevo niente per cambiare a cose, per volgerle a mio favore. Mi limitavo ad osservarle soltanto. E soffrivo, come diceva lui, come un cane. "Ho conosciuto una ragazza" disse ad un certo punto.
"Una ragazza...?!" ripetei io incredulo, in un modo che mi fece sembrare un vero stupido.
"Sì" confermò lui. "Non una come Ale. Una ragazza in gamba, davvero."
"E Ale non sarebbe in gamba?!" m' indignai.
"Sì, ma vedi questa qui... ecco, ci sa fare davvero...!"
Scossi la testa, non capivo cosa intendesse dire.
"Dai, Sam... intendo a letto...!"
Adesso sì che non ci capivo più niente. E poi... Sam? Era il presagio di qualcosa. Credevo di averlo imparato a conoscere in questi mesi, e invece...
"Scendi" dissi.
Lui sembrò non capire.
"Ho detto di scendere!" ripetei risoluto, quasi urlando. "Scendi dall' auto!"
"Sei un pazzo isterico..." disse aprendo la portiera.
Credevo di averlo fatto arrabbiare e invece dovetti subito ricredermi.
"Un pazzo!" urlò entusiasta. "Sei davvero in gamba, Sam! Finalmente hai smesso di osservare e hai agito!" si compiacque saltando fuori dalla macchina.
Se c’era un pazzo quello era lui, senza alcun dubbio. Ed io ero follemente, e forse stupidamente, innamorato di quel pazzo.
"Gab!" lo richiamai. Volevo farlo risalire, ma era troppo tardi.
Disse solo: "Ci vediamo, Sam." prima di voltarmi le spalle e sparire nel buio. Sentii il bambino che c'era in me scoppiare a piangere. L' adulto, invece, di cui possedevo il corpo non riuscì a far di meglio che sbattere la testa contro il volante. Mi aveva piantato, là in mezzo al traffico, come un idiota.
Rividi Ale e Rob ad una festa universitaria. Gab non c' era, così chiesi sue notizie ad Ale. Lei scosse la testa per dirmi che suo padre purtroppo aveva avuto una ricaduta e questa volta non ce l' aveva fatta. Mi sentii totalmente inutile ed estraneo alla sua vita. Al solito mi teneva fuori dalle sue vicende famigliari. Incassai l' ennesimo colpo.
"Scusa, da che parte vai?" qualcuno chiese all mie spalle.
Riconobbi il ragazzo come uno degli amici di Gab che una volta lui mi aveva presentato.
"Porta Maggiore."
"Mi daresti un passaggio?"
"Certo."
Si chiamava Matteoqualcosa e l’ idea di non fare la strada del ritorno da solo mi tirava sù di morale. Non ricordo chi di noi due propose di andare a bere qualcosa. La festa aveva annoiato entrambi. Scegliemmo un pub che non fosse troppo caotico vicino alla Stazione Centrale. Dimenticai per un po’ la morte del padre di Gab. Dimenticai di avercela con Gab per il fatto che mi trattava quasi come un estraneo. Stranamente non accennammo a lui per tutto il tempo. Mi sentivo bene. Finalmente ero sereno dopo tanto tempo.
"Non molto lontano da qui c’è una sala da te’ dove potremmo starcene un po’ più tranquilli" disse.
Mi sembrò un’ ottima idea. Per un momento fui tentato di chiedergli se non preferisse andare da me, ma poi ci ripensai.
La sala da tè era un locale molto intimo, aperto fino a tarda notte, dove per entrare era necessario fare una tessera. C’ era una saletta arredata completamente da arazzi alle pareti e un grande tappeto a motivi cinesi dove ci si poteva sedere all’ orientale toglindosi le scarpe prima di entrare. Scegliemmo di sistemarci lì, anche dal momento che nessun altro cliente la occupava.
Si creò un’atmosfera molto particolare in quella stanza. L’ odore d’ incenso e il narghilè che fumavamo mi fecero ricordare Gab. Mi sarebbe piaciuto trovarmi lì assieme a lui. Pensavo che c’ erano un’ infinità di cose che avremmo potuto condividere io e Gab. C’ erano un’ infinità di cose -che avrei voluto- condividere con Gab.
* *
*
Era la metà di
ottobre quando conobbi la fantomatica ragazza di Gab, quella che ci sapeva
fare a letto. Stavo rientrando a casa dal lavoro e me li trovai davanti a
non più di cinquanta metri dal mio portone."Ciao Esse!" mi salutò lui.
Lei mi sorrise. Se ne stava stretta sottobraccio a lui.
"Elisa" disse stringendomi la mano.
"Mi chiedevo cosa stesse combinando il mio amico Samuel..."
Il fatto che mi chiamasse col mio nome per esteso era un fatto già di per sè incredibile.
"Dai, salite" li invitai.
Appena entrato Gab si fiondò sul divano. Sembrava gli fosse mancato il mio appartamento, molto più del sottoscritto. Glielo feci notare e lui com’ era abbastanza ovvio la prese sullo scherzo e rise.
Io non scherzavo affatto, invece, ero arrabbiato con lui. O forse, la parola più giusta era deluso. Lui aveva continuato ad apparire improvvisamente e scomparire altrettanto velocemente da quando ci eravamo conosciuti che avrei dovuto esserci abituato ormai. Con Gab non c’ erano mai certezze.
"Che ne dici di rilassarci un po’ Sammy?"
Sapevo cosa inteva, ma gli feci capire di non aver niente di niente.
"Io non mi presento mai a casa degli amici a mani vuote!" sostenne lui.
Lo guardai tirar fuori tutto il necessario dalla borsetta della sua ragazza. Ok, mi dissi. E misi sù il cd di Brian che mi aveva fatto avere Marzio.
Vederlo seduto sul mio divano che rollava mi fece sentire come ai vecchi tempi, anche se vicino a lui c’era Elena io non la vedevo. Erano solo le sue mani esperte che si muovevano che vedevo e che immaginavo si muovessero su di me invece che su quella cartina. Era il suo volto compiaciuto che mi guardava mentre aspiravo la mia prima boccata quello che adoravo. Gab era lì con me, ‘fanculo tutto il resto che ci stava intorno!
Com’ ero finito sul pavimento steso su Gab non lo so proprio. Risvegliarmi con la faccia a pochi centrimetri dalla sua mi fece pensare che a quel punto potevo anche morire. Una cosa davvero stupida e poi ancor più stupidamente cercai di parlargli telepaticamente.
‘Ti amo’ pensai guardandolo dormire. Mi sollevai dal suo corpo cercando di fare più piano che potevo.
"Anch’ io" rispose lui. E questa fu davvero la cosa più incredibile che potesse succedermi.
* *
*
Spesso ci
aspettiamo che dopo determinati fatti le cose prenderanno una certa piega, ma il
più delle volte questo non accade. E così la situazione invece di evolversi come
avevo immaginato non cambiò affatto. Tra me e Gab quello che successe quella
sera non portò niente di nuovo nel nostro rapporto. Mi rassegnai a quello che
sembrava un inevitabile destino: rimanere soltanto amici. "Forse non sono abbastanza attraente per uno come lui" dissi ad Ale, un giorno per telefono. Lei era l’ unica con cui mi confidavo, non riuscivo a farlo neanche con Eric. Eppure Ale sarebbe stata l’ ultima persona alla quale rivelare che il suo ex ragazzo, che lei sapeva gay, adesso usciva con una donna. All’ iniziò si mostrò incredula alla notizia, subito dopo delusa, e alla fine solo amareggiata, così mi disse lei.
Una sera, verso le sette, ricevetti una chiamata da Gab. "Ehi, Esse... riesci a passare da me per un saluto...? Domani me ne torno a Milano..." biascicò all’ altro capo del telefono.
Non mi sorpresi più di tanto, trattandosi di quel folle lunatico rientrava tutto nella norma. Mi precipitai al suo appartamento. Suonai ben cinque volte prima che si decidesse ad aprire la porta. Mi fece entrare senza neppure guardarmi in faccia. C’era un caos indescrivibile in quella stanza. Libri, cd e oggetti vari erano sparsi dappertutto.
"Sto preparando la valigia" disse mentre tirava fuori dall’ armadio i vestiti e li gettava sul letto, o almeno ci provava, alla rinfusa. Metà degli indumenti finivano per terra. Mi sembrò una scena davvero triste.
"Dov’è Elena?" gli chiesi, guardandomi intorno.
"Andata."
"Che vuol dire?"
"Andata via, Esse. La credevo molto più in gamba..."
"Ma cos’è successo?"
"Non so... ecco... avevamo fumato..." prese a farfugliare, "C’ era Manuel quella sera e... sì, insomma la situazione si stava scaldando..."
"Ma che diavolo stai blaterando?!"
"Eravamo fatti, Esse... Tutto era perfetto... Io, Elena, Manuel..."
Stavo iniziando a capire ma fingevo il contrario. Speravo di aver interpretato male quelle mezze frasi, ma sapevo che non era così. Capii che per Gab una ragazza ‘in gamba’ significava che si sarebbe dovuta prestare a giochetti erotici a tre.
"Dio, Gab!" esclamai pieno di sdegno. Non mi vergognavo di quanto mi avrebbe giudicato stupido o immaturo o tutto quello che ai suoi occhi sarei potuto sembrare.
"Sei un moralista" disse. "Tu sei troppo ‘vergine’ per certi argomenti, lo sapevo. Ecco perchè non riuscivo a dirtelo..." disse continuando a buttare i vestiti dove andavano andavano.
Era quello allora che pensava di me ed era per quel motivo che non aveva mai spinto oltre l’ amicizia il nostro rapporto? Ma era perchè mi rispettava o perchè ero troppo ‘casto’e non mi riteneva alla sua altezza?
"Tu mi consideri un moralista? Per il fatto che per me il sesso si pratica esclusivamente tra due persone?!" Mi accorsi che dal tono della mia voce si sarebbe potuto capire che mi sentivo offeso, ma in realtà ero solo dispiaciuto.
"Sam..."
"Quindi per te l’amore e il sesso non sono altro che sinonimo di orge?!"
"Ehi, aspetta... ma che diamine te ne importa?! E comunque l’ amore e il sesso per me son ben diversi..."
"Oh, stai per uscirtene con uno dei tuoi ragionamenti filosofici... Be’, credo sia meglio che me ne vada."
"Immaginavo che a questo punto mi avresti chiesto cosa provassi per te... Bah, si vede che in realtà sei più maturo di quanto pensassi."
Era proprio quello che avrei voluto chiedergli in realtà, quindi... Ciò faceva di me un immaturo?
"Ascolta, Sammy..." Eccolo là, il nomignolo che avrei evitato. "Io non voglio fare sesso con te. Tu mi piaci, Sam, ma in un modo molto diverso. E comunque questo non significa che non ti ritenga attraente."
"E’ perchè sono un immaturo?"
"No. Sei fuori strada. Vedi, io non ti chiederei mai di partecipare ad un’orgia... Mai, capito? Quello che provo per te va al di là del sesso e al di là dell’ amore. Va oltre ogni cosa che io abbia mai provato... Va oltre, capisci? E’ meraviglioso quello che provo per te! E’... unico!"
"Ma che diavolo ti sei fumato?!"
"Sono serio, Sam... Immagino che per te non sia facile capire. "E infatti non lo era. Non lo era affatto. "A me va benissimo rimanere amici... solo mi piacerebbe tu parlassi di più con me... Non sai quante volte mi sono sentito un estraneo."
"Indendi qualcosa come ‘far parte della mia vita’, giusto? Io non amo parlare molto di me. Sono fatto così, magari riesco a confessarti delle stupidaggini di quando ero ragazzino, ma non condivido con te cose più..." si fermò un momento cercando la parola più adeguata, ma non la trovò e io non l’ aiutai. "Vedi, Sam. Preferisco condividere i sogni con te, preferisco parlare di cose surreali piuttosto che delle banalità... Credevo che a te stesse bene così... Ehi, Sammy..."
Banalità?
"Ehi, stammi bene" disse, dandomi una pacca sulle spalle. A quel punto capii di esser prossimo alle lacrime, quindi annuii con la testa e me ne andai. Allora non potevo sapere che non avrei più rivisto quell’ appartamento. E soprattutto non avrei mai immaginato che dopo quella volta non avrei più rivisto Gab per diversi anni.
[Fine 1a parte]


Il
titolo per l' Italia è diventato 'Colpo di Fulmine- Il mago della truffa' [NO
COMMENT...!] .
